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Lavoratori morti per amianto all’Ansaldo: altri sette decessi

Il 5 aprile l’udienza preliminare per cinque indagati

Laura Borsani
2 minuti di lettura

MONFALCONE L’udienza preliminare davanti al Gip è prevista il prossimo 5 aprile. Per la prima volta, al Tribunale di Gorizia, sono approdati casi di decessi legati all’esposizione professionale all’amianto riconducibili ad uno stabilimento produttivo cittadino diverso da quello navalmeccanico. Si tratta infatti di lavoratori dipendenti dell’ex Ansaldo, allora Asgen Ansaldo Spa. Sette vittime della fibra minerale, scomparse tra il 2013 ed il 2016. Le prestazioni professionali, di diversa tipologia, sono collocate negli anni dal 1969 fino al 2001.

Situazioni, mansioni e periodi diversi. Alcuni lavoratori di Asgen Ansaldo avevano fornito la loro opera specializzata anche all’interno della “Grande Fabbrica”. In un solo caso, invece, la professione era stata svolta nel tempo alle dipendenze di quattro ditte di appalto del cantiere navale, nell’ambito dell’attività di pulizia, di carpenteria e di allestimento dei ponteggi.

Gli avvisi di garanzia da parte della Procura, in ordine al reato di omicidio colposo, ai sensi dell’articolo 589 del Codice penale, risalgono al 2020.

Cinque sono gli indagati: Giò Batta Clavarino, genovese oggi di 95 anni, Luciano Cravarolo, di 87 anni, milanese residente nella città ligure, Giovanni Gambardella, 87enne originario di Taranto e sempre residente in Liguria, che in periodi diversi avevano ricoperto ruoli apicali nella società Asegn Ansaldo, o comunque in ragione dei poteri loro conferiti, nel sovrintendere all’attività aziendale in particolare in ordine all’organizzazione del lavoro e alle misure di prevenzione e tutela previsti dalla normativa. Si affiancano Antonio Zappi, 87 anni, originario abruzzese residente a Roma, all’epoca dirigente della società navalmeccanica, e Roberto Schivi, 84enne, in qualità allora di capo servizio del personale del cantiere navale.

Il procedimento, a questo punto, è incardinato in sede di udienza preliminare davanti al Gip. L’udienza che era stata fissata lo scorso 20 gennaio era stata poi riaggiornata per difetto di notifica nei confronti di alcuni indagati. La nuova data fissata pertanto è il prossimo 5 aprile.

Le mansioni professionali eseguite dai lavoratori avevano comportato un’esposizione “attiva” o “passiva” all’amianto nel corso dell’attività lavorativa. Esposizione “attiva” dovuta al contatto diretto con la fibra minerale e “passiva” considerando invece gli ambienti di lavoro, nei quali le polveri di asbesto venivano “esalate” a seguito dell’utilizzo dell’amianto. Amianto presente in circostanze diverse, è quanto sempre ha contestato la Procura in relazione alle attività professionali svolte. Come nel caso dell’allestimento di piastre forate in eternit per l’isolamento di motori elettrici, del montaggio di parti elettriche o attività di collaudo, piuttosto che di occupazione legata alla corrente continua ed al montaggio degli avvolgimenti in fibra minerale, o funzioni di addetto ai reparti di caldereria e carpenteria, fino alle funzioni di avvolgimento e bobinamento, di trasporto di scarti di lavorazione, di sistemazione della merce in arrivo, tra cui lastre di amianto, il montaggio dei motori elettrici, finanche con utilizzo di grembiule e guanti in amianto, nonchè l’esposizione “passiva” nel corso dell’attività di carpenteria o di messa in opera di ponteggi a bordo nave. Il tutto, contesta la Procura, per “negligenza, imprudenza, imperizia, nonché inosservanza e violazione delle norme per la tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori”, senza informare il lavoratore sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto e adottare le misure di sicurezza ed i provvedimenti tecnici, organizzativi, procedurali necessari per eliminare o ridurre la relativa esposizione, facendo anche riferimento alle protezioni individuali.—

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