Da Bora a Viz: in regalo con Il Piccolo le copertine degli inserti per i 140 anni del giornale
In omaggio con Il Piccolo lunedì 13 e il 20 dicembre le tavole degli illustratori dedicate alle dieci parole che abbiamo scelto per raccontare Trieste e la Venezia Giulia.
arianna boria
TRIESTE Il tempo è volato, almeno per le dieci parole che abbiamo scelto per festeggiare i centoquarant’anni del Piccolo. Idealmente rapito da quella Bora che l’illustratore Max Calò ha immaginato vorticare dalla Rosa dei Venti, in fondo al Molo Audace, spingendo lontano, verso Trieste, le pagine vintage del giornale. Porta la sua firma il disegno sulla prima delle dieci copertine degli inserti dedicati alle parole, che dal 30 marzo all’ultima uscita, fissata per il 28 dicembre, un giorno prima del compleanno, celebrano il Piccolo e la sua storia.
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Ora queste copertine diventano un regalo per i lettori. Dieci tavole, proprio come in originale le hanno disegnate gli artisti, senza l’inserimento grafico della parola, che saranno allegate al giornale in due uscite, da cinque illustrazioni in ciascuna cartella, lunedì 13 dicembre e il 20 dicembre.
Da bora a viz: le 10 parole per raccontare Trieste e la Venezia Giulia per i 140 anni del Piccolo
Un album di immagini da collezionare, ognuna molto diversa dall’altra, come sono diversi tra loro gli autori che hanno dato tratti e colori al clima, ai riti, al lavoro, alla cucina, all’ambiente, alle lingue di Trieste, di Gorizia e Monfalcone, tutte le terre che il Piccolo racconta ogni giorno dall’edizione numero uno, il 29 dicembre 1881.
Dopo i refoli di Bora marzolini di Calò, è stata una scelta obbligata rifugiarsi nel Caffè vivace di Lisa Deiuri, la copertina dell’inserto di aprile, su una parola complessa, che racchiude economia, abitudini, socialità, un bignami di modi di dire incomprensibili ai non autoctoni.
Eccoci a maggio e all’interpretazione che Manuela Trimboli ha dato delle Mule. Una figura di donna alta e altera, con la schiena lattea rivelata da una scollatura abissale, siede da sola su una bitta, gli occhi chiusi verso Miramare, in un riassunto grafico di tutte le caratteristiche che l’inserto ha approfondito delle donne di confine: indipendenza, sportività, fascino, determinazione, tenacia.
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Giugno l’abbiamo dedicato alle Lingue parlate in queste terre e alla lingua franca, il dialetto, strumento di comunicazione che attraversa etnie, classi sociali, ambienti pubblici e privati, rapporti di lavoro, che si fa teatro, musica, gag o traduzione di opere somme. Rappresentare la babele linguistica è stato compito dello stile giocoso di Sara Paschini, in un mercato di Ponterosso dove la disegnatrice ha raccolto un gruppo di figurine stilizzate a rappresentare età, provenienze, sessi, tutti accomunati da una stessa “nuvoletta” espressiva.
In luglio si va ai Bagni, che Daria Tommasi ha dipinto sul filo dell’ironia, sintetizzando in uno scorcio di Topolini, la mania della tintarella e del lungo ammollo degli anziani, i giochi dei bambini e la liturgia delle carte, la lettura del Piccolo e le chiacchiere tra amiche.
Agosto mette in tavola i Sardoni, in un’alta onda a ricciolo immaginata da Gianluca Chicconi e punteggiata dal pesce povero più amato a queste latitudini, re democratico delle sagre e dei menù stellati. Il settembre delle passeggiate in Carso ha il colore rosso dello scotano a contrasto col bianco della roccia, in un’illustrazione scarna ed evocativa firmata da Franco Valussi.
La parola di ottobre, Confine, abbiamo scelto di raccontarla guardando alla caduta dei muri e all’obiettivo comune che nel 2025 farà di due città a lungo divise, Gorizia e Nova Gorica, un tutt’uno nel segno della cultura, dello scambio, della convivenza. Anche i soldatini messi in copertina da Davide Lippolis hanno un piglio fumettistico e poco marziale, con un unico personaggio infilato tra le righe, in mutande, a ricordarci con delicatezza che i confini non si abbattono mai una volta per tutte.
Novembre e dicembre, Porto e Viz, parole illustrate da Eugenio D’Adamo e Susanna Tosatti. Lo scalo è diventato bicolore, in bianco e nero la foto di quello lontano, voluto da Maria Teresa, a tinte vivaci l’hub che punta ai traffici di un mondo globale.
Un grande sorriso spunta dietro le pagine del giornale: è l’inserto conclusivo, su una delle caratteristiche più inafferrabili dei triestini, il senso della battuta, fulminea e acidula, il non prendersi mai troppo sul serio, antidoto all’instabilità del vivere a cavallo della Storia. —
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