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Le motivazioni alla sentenza di assoluzione

Così i giudici hanno smontato le indagini della Finanza sul Cie

Il procedimento relativo a 11 imputati, assieme alla “Connecting People” Il Prefetto Zappalorto: «Il Collegio ha rilevato superficialità e calcoli sbagliati»

Laura Borsani
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/GRADISCA

Approssimazioni, errori, superficialità da parte della Guardia di finanza di Tarcento che ha eseguito le indagini in ordine alle forniture al centro immmigrati di Gradisca d’Isonzo. È quanto si evince dalle motivazioni alla sentenza depositata dal Collegio giudicante di Gorizia, presieduto da Cristina Arban, a latere De Mitri e Prestianni, con la quale erano stati assolti perché il fatto non sussiste 11 imputati che erano stati accusati di associazione a delinquere e di una serie di reati allo scopo di «commettere una serie indeterminata di reati di frode in pubblica fornitura e di truffa aggravata ai danni dello Stato, in particolare dopo la stipula delle convenzioni tra la Prefettura di Gorizia e la Connecting People», gestore della strutura di accoglienza. La sentenza era stata pronunciata lo scorso 17 giugno, chiudendo un filone frutto della riunificazione di due procedimenti. Il periodo di riferimento era quello dal 2011 al 2013. Una vicenda processuale che aveva comportato oltre 40 udienze. Il tutto, dopo l’archiviazione parziale disposta dal Gip del Tribunale di Gorizia nei confronti del prefetto Vittorio Zappalorto, dei vice prefetti Gloria Sandra Allegretto e Antonio Spoldi, nonché del funzionario prefettizio Arnaldo Piccolo, di Anna Sammarro, dirigente dell’Ufficio immigrazione della Questura e altri 17 indagati. Archiviazione parziale a fronte delle richieste da parte della Procura generale che, con il sostituto procuratore Carlo Zampi, aveva avocato il procedimento della Procura goriziana quando erano state chiuse le indagini (ottobre 2018). Le motivazioni alla sentenza si articolano in 64 pagine, passano in rassegna tutti i reati contestati a partire dall’associazione a delinquere, per la quale i giudici rilevano come «non siano emersi gli elementi costitutivi del reato (art. 416 cp)», «nè vi è traccia delle dell’associazione criminale ipotizzata». Il tutto non potendo essere in grado di stabilire con ragionevole certezza le responsabilità degli imputati. Indagini definite approssimative e calcoli, quelli eseguiti dalla Gdf di Tarcento, non corretti. Insomma, tutte le accuse sono infondate.

Il prefetto Zappalorto ieri ha osservato: «Le motivazioni alla sentenza rappresentano la conferma dell’approssimazione e dell’incapacità della Guardia di finanza che ha eseguito le indagini, ma anche la mancanza di ogni vaglio da parte del magistrato che ha coordinato le indagini. Ed il procuratore capo, a sua volta, non ha verificato come avrebbe dovuto quanto operato dal proprio sostituto» . Il prefetto già insediatosi a Venezia, ha quindi confermato le azioni legali che intende intraprendere nei confronti dei finanzieri circa il risarcimento dei danni, riservandosi un’ulteriore denuncia sotto il profilo penale. E ha aggiunto: «Investiremo anche gli organi della magistratura, nel chiedere conto dell’operato del sostituto procuratore Bossi e del procuratore capo Lia». —

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