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preoccupazione tra i lavoratori

Casse integrazioni a turno alla Nidec. Le Rsu si mobilitano: «Il sito va rilanciato»

Preoccupa la previsione di uno scarico di lavoro oltre il 30% Succi (responsabile personale): «Nuova Cigo ipotetica»

Laura Borsani
2 minuti di lettura

Cassa integrazione ordinaria alla Nidec Asi, richiesta a luglio e in scadenza il 9 ottobre. Con la prospettiva di un ulteriore prolungamento, a fronte di un aumento delle ore Cigo che a marzo 2022 toccherà oltre il 30%. I circa 400 lavoratori dello stabilimento cittadino sono preoccupati. Preoccupano i dati forniti alle Rsu dai vertici aziendali in ordine ai carichi di lavoro, motivo di analisi nelle assemblee dello scorso 8 settembre. Un andamento che fa temere scenari tutt’altro che orientati al rilancio e agli investimenti per il sito produttivo. I rappresentanti sindacali chiedono chiarezza, risposte sul futuro dello stabilimento. Nei prossimi giorni, annunciano le Rsu, verrà convocato il Coordinamento nazionale sindacale Fiom Cgil per approfondire le problematiche dei vari siti produttivi e definire una strategia comune nei confronti dell’azienda. Su tutto l’esigenza di avere in mano un piano industriale.

Preoccupazioni e timori dopo oltre un anno e mezzo di ricorso agli ammortizzatori sociali. Al termine della cassa integrazione dettata dall’emergenza Covid, lo scorso 30 giugno, è stata presentata il primo luglio la cassa ordinaria, che si concluderà il 9 ottobre. Ma il punto che induce ora i sindacati ad un confronto chiarificatore sta nella prospettiva di una nuova tranche di Cigo, che a marzo 2022 porterà il tetto dello scarico di lavoro ad oltre il 30%. Le Rsu rilevano: «Dalla preoccupazione sul futuro dello stabilimento, legata ai carichi, si è arrivati ad una netta denuncia su quanto sta avvenendo nel sito monfalconese rispetto al radicale cambio di rotta imposto dall’azienda. In particolare, si denuncia un interesse da parte dei vertici finalizzato più ad una politica di saving sotto il profilo dei costi, che ad un concreto piano industriale che porti in sicurezza e rilanci lo stabilimento». All’esito del confronto con i lavoratori, è stato quindi dato mandato alle Rsu di «portare un chiaro segnale al gruppo dirigente. La volontà è salvaguardare i posti di lavoro e mettere in grado le maestranze di svolgere le loro mansioni nel migliore dei modi». Insomma, se il Covid ha bloccato commesse e investimenti nel settore del gas & oil, attivare altre Cigo, per i rappresentanti sindacali suona come una misura sociale «strutturale». E «manca un piano industriale che traguardi il lungo periodo». Le Rsu dicono di più: «Lo scarso rispetto verso le maestranze e l’inasprimento dei controlli sui lavoratori, non può essere la cura alle inefficienze dell’organizzazione e all’immobilità nel reperire commesse e nell’entrare in nuovi mercati. Si somma il totale disinteresse della proprietà a investire sul sito produttivo per renderlo più competitivo rispetto alla concorrenza anche interna al gruppo stesso». Il segretario provinciale della Fiom Cgil di Gorizia, Michele Orlandini, osserva: «Si pone la preoccupazione che il sito venga abbandonato per logiche diverse. Il timore alla fine è che si possa andare a decentramenti e appalti di parti di settori lavorativi. Se è comprensibile la flessione congiunturale per effetto della pandemia, non possiamo comunque accettare una Cigo strutturale. Andremo al Coordinamento nazionale Fiom Cgil, con le Rsu dei siti produttivi del gruppo. Il passo successivo sarà la richiesta di un incontro, assieme alle altre segreterie territoriali, con la Direzione nazionale dell’azienda per affrontare la situazione del sito di Monfalcone». A far eco il segretario territoriale della Uilm Gorizia-Trieste, Antonio Rodà: «È necessario un confronto con Nidec per fare chiarezza sulle prospettive aziendali. La nostra impressione è che ci siano ben altre prospettive peggiorative». Il responsabile del personale, Alessandro Succi, non dà per scontata l’ulteriore Cigo: «Rappresenta una tra altre opzioni da considerare. Dopo la cassa integrazione legata all’emergenza Covid, abbiamo avuto una flessione degli ordini in entrata, quindi dei carichi di lavoro interni – spiega –. L’ultimo trimestre 2021 e il primo trimestre 2022 non indicano una situazione rosea, è relistico il dato in ordine al 30%. Ma la questione è come gestire la situazione. Nei prossimi giorni è prevista una serie di riunioni con il management per decidere la strada da intraprendere». Rimane l’assenza di un piano industriale, sollecitato dai sindacati. Succi ragiona per priorità nell’osservare: «Ora è fondamentale capire come gestire l’attuale scarico di lavoro. Si potrà poi considerare una visione a medio-lungo termine».

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