In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni
l’inchiesta sulle forniture al centro per immigrati

Cie di Gradisca, saga infinita Cinque a rischio processo bis

Nell’udienza preliminare fissata il 30 figurano società, cooperative più 10 indagati La metà già assolti dalle accuse affrontano di nuovo il procedimento per altri anni

Laura Borsani
2 minuti di lettura



La vicenda Cie e Cara di Gradisca non è ancora del tutto terminata. In dieci rischiano il processo e per alcuni potrebbe essere un bis, dopo la recente assoluzione. Ma andiamo con ordine rispetto a questo “nuovo” filone. Era stato richiesto il rinvio dell’udienza preliminare, in attesa della definizione del processo che lo scorso giovedì si è concluso con la sentenza di assoluzione per gli undici imputati e per l’ex Consorzio Connecting People, ora Aretè. Tutti assolti perché il fatto non sussiste, il pronunciamento del Collegio presieduto da Cristina Arban assieme ai giudici Francesca De Mitri e Sergio Antonio Prestianni. L’istanza proposta dal difensore Alberto Tarlao, era stata accolta dal gip Carlo Isidoro Colombo, che aveva fissato la nuova udienza al 30 giugno. Riguarda l’ultimo filone di indagini che erano state condotte dalla Guardia di finanza di Tarcento, in ordine alla gestione dei Cie e Cara di Gradisca, relativo ai fatti tra il 2011 ed il 2015.

La Procura generale, con il sostituto procuratore Carlo Zampi, aveva avocato a sé il procedimento, con la richiesta di archiviazione delle posizioni del prefetto Vittorio Zappalorto, dei viceprefetti Gloria Sandra Allegretto e Antonio Spoldi. Archiviazione, in un percorso separato, anche per i prefetti Maria Augusta Marrosu e Romano Fusco. Il gip Flavia Mangiante aveva quindi dato seguito all’istanza.

In piedi sono rimaste le ipotesi di accusa nei confronti di dieci indagati, nonché, per le persone giuridiche, di Aretè e delle cooperative Luoghi Comuni e Interpreti e Traduttori, collegate all’allora Connecting People, nell’ambito dell’appalto di gestione del Centro per i rifugiati. Per 5 dei 10 indagati, è una sorta di dejavu, dopo aver affrontato il processo chiusosi all’insegna dell’assoluzione. Per loro quindi si profila un altro procedimento per fatti simili, riferiti ad un periodo successivo. Sono Vittorio Isoldi, 72 anni, Gorizia, direttore del Cie, Giuseppe Scozzari, 46, Castelvetrano (Trapani), Orazio Ettore Micalizzi, 52, Acireale (Catania), Mauro Maurino, 55, Val Della Torre (Torino), rispettivamente presidente, vicepresidente e consigliere di amministrazione del Consorzio, Giovanni Scardina, 49, Trapani, direttore del Cie in altro periodo. Gli altri indagati sono Marianna De Maio, 47, Roma, legale rappresentante di Interpreti e Traduttori in Cooperativa tra il 23 settembre 2010 e il 7 luglio 2014, Daniele Di Modica, 33, Catania, legale rappresentate della I.T.C. nel periodo successivo al luglio del 2014, Alessia Barbagallo, 37, legale rappresentante della cooperativa Luoghi Comuni, Antonina Cardella, 52, Catania, direttrice del Centro dall’ottobre 2013 al maggio 2015, Giorgia Savoja, 49, Palermo, dipendente dell’allora CP.

Le ipotesi di accusa sono associazione a delinquere (agosto 2011-luglio 2015), frode in pubbliche forniture (marzo 2014-luglio 2015), truffa ai danni dello Stato, quest’ultima in relazione alla transazione con la quale era stato risolto il rapporto tra Connecting People e la Prefettura, nel 2015, per la quale sono chiamati a rispondere solo Micalizzi e Maurino.

Si parte dunque dall’udienza preliminare davanti al gip Colombo, il prossimo 30 giugno. La pubblica accusa è rappresentata dalla Procura generale, con il sostituto procuratore Zampi. I difensori sono gli avvocati Alberto Tarlao (Isoldi, Maurino, Scardina, Micalizzi, Cardella, Barbagallo, Di Modica, Savoja), Tancredi Bongiorno (Scozzari), Marco Cecilia (De Maio) che rappresenta anche Interpreti e Traduttori, mentre l’avvocato Calogero Licata sostiene Aretè.

Nuovo procedimento per le medesime contestazioni. «Si tratta di un’appendice della stessa indagine condotta dalla Guardia di finanza di Tarcento, coordinata dal pm Bossi – dice l’avvocato Tarlao –, per cui sono persuaso che potremo addivenire a un’altra assoluzione. Invero gli stessi errori di ricostruzione contabile che abbiamo dimostrato essere alla base del primo processo caratterizzano anche questo filone di indagine. Purtroppo, trattandosi di fatti simili, ma riferiti a un periodo di tempo diverso, per dimostrare l’inconsistenza delle accuse si renderà necessario affrontare un altro procedimento, poiché il gip, anche in presenza di una precedente sentenza di assoluzione per fatti analoghi non può conoscere, nel nostro sistema giudiziario, del merito della vicenda. Affronteremo pertanto il successivo giudizio con la consapevolezza, per tutti gli imputati, di aver già ottenuto nel primo processo una prima sentenza di assoluzione con la formula il fatto non sussiste e tanto ci ripromettiamo di ottenere anche nel successivo giudizio». —



I commenti dei lettori