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Il calo delle merci ridisegna il Porto I terminalisti motore dopo la pandemia

Lo scalo è passato da 4,5 a 3 tonnellate di movimentazioni La nuova scommessa delle imprese sugli occupati e i traffici

Giulio Garau
2 minuti di lettura



Prima della pandemia nel porto di Monfalcone passavano 4,5 milioni di tonnellate di merce varia (caolino, carbone, cellulosa, cereali, legname, impiantistica, minerali alla rinfusa, prodotti siderurgici, autovetture). La crisi ha rallentato l’andamento tendenziale: durante il 2020 le movimentazioni sono scese a 2.944.582 tonnellate con una riduzione del 28% sul 2019 (4.093.425 tonnellate).

Questa la fotografia di Portorosega al momento del varo del nuovo Piano organico del porto (2021-2023) tra mercoledì e giovedì scorsi. Il quadro sui traffici spiega che nelle rinfuse l’arretramento è del -31% con 2.030.000 tonnellate, mentre le merci varie hanno perso il 20%. A incidere sull’andamento negativo è stato principalmente il calo del carbone (-95%) con 22.000 tonnellate. I prodotti metallurgici che rappresentano la prima tipologia per peso con il 63% del traffico complessivo, riportano una perdita del 21%, mentre la cellulosa, secondo settore dello scalo, si attesta sulle 710.00 tonnellate (-9%). Pure il traffico di autovetture gestito dalla Cetal, società controllata dal Gruppo Grimaldi, riporta un saldo negativo (-40%) con 86.200 unità, fra autoveicoli ed autovetture delle più note case automobilistiche, con una media mensile di più di 7.000 mezzi trasportati su 5 collegamenti mensili medi con Grecia, Israele e Turchia. Anche in questo caso ha pesato la crisi globale della filiera.

Una fotografia cruda che mette in risalto la situazione in cui l’Autorità di sistema del mare Adriatico ha trovato lo scalo ed ora, con difficoltà, sta cercando una strategia per un rilancio che riguarderà anche la formazione. Ma non potrà partire fino a quando non sarà risolto il contenzioso sul varo del nuovo piano delle concessioni contestato da una delle principali imprese, la MarterNeri. Un’azienda acquisita da poco dal gruppo logistico F2i che sta definendo pure l’acquisto della Compagnia portuale (Cpm). Sta circolando un’ipotesi per una possibile soluzione del contenzioso. F2i non può essere proprietaria di due aziende articolo 18 (terminalisti) in porto, la legge lo vieta. Ed è possibile per questo che la MarterNeri diventi terminalista articolo 18 mentre Cpm articolo 16 per le operazioni in banchina seguendo le caratteristiche della sua vocazione. Non ci saranno più due aree separate di concessione in porto, ma una soltanto con piazzali, magazzini e tettoie. Tutto da confermare.

Intanto, dopo il Comitato consultivo e quello di partenariato con le imprese, l’Authorithy ha varato il piano organico. È la scommessa sul lavoro che ci sarà tra il 2021 e il 2023, con tutti i punti di domanda del caso vista la ciclicità del mercato che subisce fortemente le conseguenze delle crisi. Lo si vede dall’andamento degli occupati passati dai 287 del 2017 a 308 nel 218, 337 nel 2019 per precipitare a 304 nel 2020.

Al di là di A2A (carbone e rinfuse), Molino Casillo (cereali) e Cimolai (grandi strutture) le principali imprese su cui si gioca il futuro del porto sono quattro, Cetal (automobili, gruppo Grimaldi) MarterNeri, Compagnia portuale e Midolini (vedi la tabella sui numeri e i dipendenti). Sono queste che dovranno diventare i terminalisti motore dei traffici in porto. Discorso a parte, ma fondamentale, quello dell’Impresa Alto Adriatico, l’articolo 17, quella che presta la manodopera per i picchi di lavoro a tutte le imprese nello scalo. Mentre le altre non possono fare adesso le previsioni sugli occupati l’Alto Adriatico, con le recenti assunzioni, ha voluto buttare il cuore oltre all’ostacolo con una previsione di turni in totale che passeranno da 14.200 sino a 15.300, a disposizione delle imprese. —

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