L'appello di Arianna: «Mia mamma disabile vive con nonni e badanti: fateci l’iniezione, non possiamo attendere»
A Trieste una storia-simbolo della difficoltà in cui versano le persone fragili

TRIESTE «Fate presto, perché al dolore non può sommarsi la paura. Abbiamo fretta, siamo arrabbiati e ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni». Le famiglie che ogni giorno assistono un disabile grave vivono con speranza angosciata l’attesa del via libera alle vaccinazioni per i proprio cari e per chi li assiste. Chiedono alle istituzioni di aprire le agende quanto prima, «perché una persona fragile non ha neppure il lusso di potersi isolare e questo la espone a un rischio totale». A parlare è Arianna, che a 42 anni e quasi da quando ha memoria affianca i suoi nonni nell’assistenza alla madre 69 enne, disabile al 100% dal 1986.
La donna è finita in coma per una grave gestosi sviluppata durante una gravidanza e si è risvegliata dopo mesi, purtroppo bisognosa di cure 24 ore su 24. Un impegno che è anche sulle spalle di Arianna, ma che da 35 anni grava sulla vita dei genitori della signora, arrivati oltre gli 80 anni. «Mia madre vive con un’encefalopatia post anossica e i suoi problemi richiedono assistenza continua giorno e notte. I nonni e due badanti si alternano, ma ci deve essere qualcuno con lei anche quando dorme. Mia mamma non può isolarsi e, mentre le sue condizioni restano gravi, la pandemia la mette a ulteriore rischio. I nonni escono per fare la spesa, io vado a vengo e le badanti hanno la loro vita fuori: se il coronavirus entrasse in casa, sarebbe in pericolo mia madre e fino ad ora lo sarebbero stati anche i nonni».
Fino ad ora, perché la nonna si è vaccinata lunedì e il nonno lo farà martedì. Ma Arianna è giovane e non lavora nei servizi essenziali: per lei niente siero. E neppure per le due collaboratrici familiari. Il nuovo piano per la vaccinazione prevede che dopo gli ultraottantenni tocchi alle 45 mila persone con fragilità residenti in Fvg e ai loro caregiver (ovvero tutti quelli che se ne prendono cura), ma il momento non è ancora arrivato. La Regione ha forzato per vaccinare i disabili ospitati in strutture domiciliari e ha manifestato fin da subito la volontà di procedere con chi è assistito a casa, ma il piano nazionale prevede un ordine e questo va rispettato, tanto più che per questa categoria il siero AstraZeneca è sconsigliato. Ai fragili assistiti nella propria abitazione toccherà probabilmente da aprile, ma non si sa ancora quando esattamente.
«Mia mamma non sta in una struttura – dice Arianna – e il problema persiste per tutti quelli come lei. Vive con due anziani di 89 e 85 anni, aiutati da due signore. Assistere un’ammalata del genere, significa impossibilità di mantenere il distanziamento. Mia nonna si occupa per prima di mia mamma da 35 anni e ne ha 85. È una fatica quotidiana e tutto questo aumenta un dolore vissuto per così tanto tempo. Mia nonna è anziana ma almeno può isolarsi e avrebbe ceduto volentieri il vaccino a mia mamma, ma ovviamente non è possibile». La donna attende «il via della Regione alla vaccinazione dei superfragili. Ho anche scritto al vicepresidente Riccardi e il suo staff mi ha gentilmente risposto che l’organizzazione della campagna è complessa, ma che presto arriverà il momento. Noi aspettiamo ma ci sono tante persone a rischio totale. Stupisce che non si sia ancora deciso di procedere per un anello debole come questo: ci sentiamo abbandonati dal sistema sanitario e dalle istituzioni. Molti disabili sono assistiti da genitori anziani, magari non ancora over 80 e quindi non vaccinabili, ma comunque a rischio salute. Mia mamma ha anche problemi polmonari e può prendere il Covid da me, magari passarlo ai miei nonni o a una badante, che poi lo porterà nella sua famiglia. Hanno deciso di vaccinare le persone che lavorano nell’assistenza in struttura, ma non chi la fornisce a domicilio. Le badanti usano mascherina e guanti, ma non hanno i dispositivi di protezione delle strutture: pur con tutte le attenzioni, a casa non può esserci la stessa sicurezza». —
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