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Udienza al Consiglio di Stato sul futuro del centro islamico

A giorni il pronunciamento del massimo organo di giustizia amministrativa sul ricorso del Comune dopo che il Tar aveva dato ragione al centro Baitus-Salat

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In meno di dieci minuti si è consumata al Consiglio di Stato, giovedì, l’udienza di merito per dibattere la questione contesa dei lavori al civico 103 di via Primo maggio. Dove fino alla vigilia dello stop di settembre si stava procedendo alla realizzazione del Centro culturale islamico Baitus-Salat. Invece, proprio al calar dell’estate, la Sesta sezione di Palazzo Spada aveva accolto l’istanza cautelare avanzata dall’amministrazione Cisint per sospendere l’esecutività della pregressa sentenza del Tar (favorevole al promotore dell’intervento edilizio, un’associazione) e dunque congelare il cantiere.

Con l’udienza, cui le due parti – il Comune ricorrente attraverso l’avvocato Teresa Billiani e il Baitus-Salat con il legale Susanna Vito – hanno preso parte esclusivamente da remoto per le note criticità pandemiche, si è arrivati dunque alle battute finali. Alla svolta: o la va o la spacca. Il presidente si è riservato la decisione: tempo una settimana al massimo e il sigillo sull’annosa questione sarà posto, con verdetto definitivo.

Una storia, questa del centro culturale islamico, che si trascina da un quadriennio: nell’autunno 2019 il Tar, Tribunale amministrativo regionale, aveva accolto il ricorso di Baitus Salat, che a sua volta, 15 mesi prima, aveva impugnato il blocco dei lavori disposto dal Comune, imponendo lo stop al recupero del fabbricato. Alla base della decisione dell’ente, in estrema sintesi, «carenze documentali» nella procedura legata alla presentazione della Scia, Segnalazione certificata di inizio attività. Ancora i giudici amministrativi, sempre a ottobre 2019, avevano condannato il Comune a rifondere le spese di lite, duemila euro, all’associazione, oltre agli oneri di legge e, a sentenza passata in giudicato, il contributo unificato, “tassa” da versare ad avvio della causa.

Sicché il Baitus Salat aveva ripreso, poco prima del lockdown, i lavori con una ditta gradese. Era poi seguita la stasi dei cantieri per l’emergenza sanitaria e, d’estate, gli operai si erano rimessi in moto. Quindi l’inaspettato mutamento di scenario: l’ordinanza sospensiva, pronunciata lo scorso 10 settembre a Roma in camera di Consiglio (presidente Giancarlo Montedoro, estensore Alessandro Maggio, consiglieri Vincenzo Lopilato, Dario Simeoli e Stefano Toschei), e il “congelamento” della prosecuzione del cantiere fino a oggi. Una decisione motivata della «sussistenza di dubbi sulla natura strutturale delle opere da eseguire e sulla conseguente incidenza sulla statica dell’edificio, da approfondire nella pertinente sede del merito».

Il provvedimento di Palazzo Spada aveva fatto gongolare il sindaco Anna Cisint («un atto di gran rilievo, destinato probabilmente a fare giurisprudenza anche per le motivazioni»), che all’epoca, dando peso alla sospensiva, aveva convocato una conferenza stampa last minute e ribadito: «L’immobile risulta privo di agibilità, di collaudo statico e si trova in stato grave obsolescenza, come attestato anche sull’atto di compravendita, dove il notaio descrive un immobile in stato degradato e privo di impianti». A gettare acqua su fuoco era però intervenuta l’avvocato Vito, parlando di un’ordinanza in senso «assolutamente prudenziale» e ribadendo «l’azione sempre corretta e aderente alle disposizioni di legge dei tecnici che hanno curato lavori e progetto». Quanto all’agibilità «è atto successivo alla riqualificazione e lo stesso Comune, a inizio pratica, aveva definito non strutturali tali interventi». Rammarico, però, era stato espresso per l’allungamento dei tempi, visto che altrimenti il centro sarebbe stato senz’altro ultimato entro dicembre. —

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