Vaccini Covid, patto Spallanzani-Sputnik per produrre in Italia
La Regione Lazio incalza il ministro Speranza: siamo pronti anche a opzionare dosi dalla Russia

TRIESTE Se vogliamo prendere anche qualche milione di dosi del vaccino Sputnik V, dobbiamo muoverci ora, senza aspettare il via libera dell’Agenzia europea dei medicinali. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi lo ripetono da parecchi giorni, ma la prima mossa concreta arriva dalla Regione Lazio di Nicola Zingaretti. Di ieri l’incontro tra gli scienziati dell’Istituto Spallanzani di Roma e i colleghi del Centro di ricerca Gamaleya di Mosca, dove è stato sviluppato lo Sputnik. Si è messo a punto un protocollo d’intesa scientifico, con l’idea di avviare una collaborazione stabile tra i due istituti, ma si è parlato soprattutto del vaccino russo, di opzionare subito alcuni milioni di dosi, da consegnare una volta incassata l’autorizzazione dell’Ema, e di studiare la possibilità di produrlo a pochi chilometri da Roma, sfruttando le fabbriche del distretto farmaceutico laziale. Nina Kandelaki, direttrice del Dipartimento dello sviluppo dei progetti sanitari del Fondo russo di investimenti, che commercializza il vaccino, ha assicurato massima disponibilità.
Del resto, i russi sono alla disperata ricerca di stabilimenti produttivi e partnership, come quelle già create in India, Cina, Corea del Sud e Brasile: vi cediamo la tecnologia e voi sfornate il nostro Sputnik. Procedura non così immediata, tra l’altro, visto che servono due linee produttive diverse per la prima e per la seconda dose. Comunque, ad oggi, da Mosca hanno detto di poter produrre meno di 90 milioni di dosi nei primi sei mesi dell’anno, di cui solo 50 destinati a tutta l’Europa, per lo più a partire da giugno. Finora, restando nell’Ue, ha spedito solo 150mila dosi all’Ungheria di Orban, 200mila alla Slovacchia e 7500 a San Marino. Per arrivare a produrre centinaia di milioni di dosi, ai russi servirebbero un paio di anni, per questo guardano alle fabbriche e ai finanziamenti europei. Ne avevano parlato anche Angela Merkel e Vladimir Putin in una telefonata di inizio anno, poi la Germania si è proposta di assistere la Russia nel processo di candidatura all’Ema. Che ora ha avviato la “revisione continua” dello Sputnik, cioè un monitoraggio da portare avanti fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio.
Difficile fare una previsione sui tempi, molto dipenderà dalla trasparenza dei dati, ma è utile ricordare due elementi sottolineati dal portavoce della Commissione europea. Primo: anche in caso di approvazione dell’Ema non c’è alcun obbligo per Bruxelles di includere Sputnik nei propri contratti. Secondo: non ci sono colloqui in corso per arrivare a una decisione in tal senso. E allora è normale che, dopo Ungheria e Slovacchia, altri Paesi si muovano in autonomia, intavolando trattative dirette con i russi. Non solo la Germania, come detto, ma anche l’Austria e la Repubblica Ceca. Da Mosca parlano di vari contatti avviati. «Se non ci muoviamo, rischiamo di restare a mani vuote», ha avvertito l’assessore del Lazio, Alessio D’Amato, rivolto ai ministri Speranza e Gelmini, durante l’ultima riunione sulla campagna di vaccinazione. «Noi siamo pronti ad acquistare anche il vaccino russo, purché Ema dica con certezza che è efficace e sicuro. Per farlo deve fare verifiche agli stabilimenti di produzione», la posizione del ministro della Salute. Finirà che, quando potremo prenderlo, non ci saranno abbastanza dosi o non ci servirà più: se Sputnik arriva in piena estate, infatti, con l’atteso aumento delle forniture degli altri vaccini, potremmo non averne bisogno come ne abbiamo ora. —
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