BELGRADO La ripresa è attesa, ovunque. Ma sarà assai meno forte di quanto si sperava, tra tante ombre e poche luci. È lo scenario sul fronte economico che potrebbe concretizzarsi nei vicini Balcani, in Ungheria, Romania e Bulgaria nell’anno appena iniziato, ancora all'insegna del virus. Anno che non dovrebbe riservare troppe soddisfazioni nella regione, secondo quanto ha anticipato la Banca Mondiale nel suo ultimo rapporto “Global Economic Prospects” che - reso pubblico in questi giorni - tasta il polso a economie emergenti, incluse quelle balcaniche e dell’Europa orientale. Economie che, in molti casi, cresceranno meno del previsto.
Resta fragile la Serbia di Aleksandar Vučić (+3,1% e non +4,0%), anche se a metà dicembre il presidente stesso aveva assicurato che il Paese sarà «il numero uno in Europa» per crescita del pil nell’anno entrante. Ed è in difficoltà anche l’Ungheria di Viktor Orbán (+3,8% invece di +4,5%), mentre sono state ritoccate solo lievemente al ribasso le previsioni per la piccola Macedonia del Nord (+3,6%).
A uscirne relativamente bene, nel quadro tratteggiato dalla Banca Mondiale, sono solo i due Paesi che più hanno patito la crisi l’anno scorso, a causa del crollo del turismo globale. Si tratta di Croazia e Montenegro, che vedranno le proprie economie risalire rispettivamente del 5,4% e del 6,1%: Zagabria è in linea con le previsioni di primavera, Podgorica raggiunge addirittura “voti” più alti da parte della Banca. La Slovenia, secondo le previsioni della Banca nazionale di Lubiana, crescerà del 3,1% nel 2021, meno del previsto a causa «della nuova ondata di infezioni osservata dall’autunno» scorso.
Fin qui le previsioni. Ma potrebbe cambiare tutto - e in peggio - nei prossimi mesi, se la pandemia non sarà contenuta in modo deciso. Le previsioni sono infatti basate sull’assunto che «la fiducia di consumatori e imprese sia rinsaldata con la messa sotto controllo del Covid e l’affievolirsi» delle tensioni in tante aree di «instabilità politica», ha messo le mani avanti la Banca mondiale. E ciò dipende da «una rapida distribuzione dei vaccini», da concretizzarsi al massimo entro fine anno. Ma al momento sono troppi i Paesi balcanici, dalla Bosnia al Kosovo arrivando alla Macedonia, che sembrano in estremo ritardo nella campagna di vaccinazione.
C’è grande «incertezza», hanno ammesso gli analisti, che hanno avvisato anche della concreta possibilità di tensioni sociali in crescita. Nessuna sorpresa, dato che nell’intera Europa centro-orientale e nei Balcani sono centinaia di migliaia i senza lavoro. Numero che è ad esempio cresciuto del 31,6% in Montenegro tra marzo e dicembre. Male anche la Croazia, che a fine anno contava 160mila disoccupati (+22% rispetto al 2019), mentre in Slovenia ci si dovrebbe mantenere su un tasso di disoccupazione intorno al 6%. In Serbia, secondo stime Ue si risalirà intorno al 10% di non occupati. Sempre che il quadro non si deteriori a causa di una ripresa marcata dei contagi. Non solo a Belgrado. —