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Croazia in “lockdown soft”. Tutti in fila per l’ultimo caffè

Grandi affollamenti sulle rive delle città costiere. In Slovenia le multe ai furbetti

Mauro Manzin
2 minuti di lettura
Bar con i tavoli all’aperto tutti esauriti sul lungomare di Spalato grazie anche a una giornata primaverile. Foto da jutarnji.hr 

Di male in peggio. La situazione in Croazia dal punto di vista epidemiologico è pessima e ieri, per il secondo giorno consecutivo, nel Paese il numero di nuovi contagi in 24 ore è risultato da record. Le cifre parlano di 4.080 nuovi infetti su 11.091 tamponi effettuati, il che significa che il 36,7% di coloro che sono stati testati sono risultati positivi. Le vittime scendono, invece, dopo tanti giorni sotto quota 50, a 48.

Oggi (sabato 28 novembre) entreranno in vigore le nuove norme anti-contagio decretate giovedì dal governo di Zagabria ed è subito esplosa la polemica e la protesta da parte dei ristoratori che fino al 21 di dicembre non potranno aprire i propri locali. «Tutti quegli operatori sanitari che lavorano in prima linea vogliono proteggere i propri cari e questo è comprensibile. D'altra parte, ci sono ristoratori e imprenditori che vogliono tenere aperte le loro attività. È quell'equilibrio che stiamo cercando di mantenere. Le misure esistono, le misure proteggono la salute, ma noi cittadini responsabili dobbiamo rispettarle», afferma il ministro della Salute Vili Beroš, anche lui positivo al coronavirus, attualmente in quarantena a casa da dove lavora, quarantena che finirà lunedì prossimo, tamponi negativi permettendo.



E ieri causa la bella giornata in Croazia c’è stato un vero e proprio assalto all’ultimo caffè, con i bar con posti all’aperto presi letteralmente d’assedio da avventori quasi invasi da sacro furore per consumare la “kafica” e fumarsi una sigarette sotto il pallido tepore del solo di novembre. E se a Zagabria un po’ di umidità nelle ossa rendeva la consumazione abbastanza veloce, di tutt’altro sapore e ritmo è stata questa liturgia di separazione lungo la costa. Da Fiume a Dubrovnik i posti a sedere all’aperto dei bar tutti occupati da belle signore con il loro coprispalla acquistati a Trieste o a Milano (prima della zona rossa), truccatissime (“in tiro” si direbbe qui da noi), ma anche molti giovani e anziani con le loro inseparabili coppole. Insomma l’attesa per sedersi variava dai 20 ai 45 minuti. Eppure la gente vagava attorno ai tavolini per non perdere il primo che si alzava. E il Covid? E il distanziamento sociale? Un caffè (o meglio quello che qui chiamano caffè) vale un ricovero in ospedale con polmonite bilaterale per Covid-19? Dove lo “struscio” può più del virus.

Maggiore rassegnazione, invece, in Slovenia per il prolungamento di almeno sette giorni del lockdown. Ieri i nuovi contagi sono stati 1.609 su 6.587 tamponi eseguiti, ossia il 24,4% di questi è risultato positivo. Decedute 48 persone. Numeri ancora molto alti, come ha confermato il portavoce del governo di Lubiana, Jelko Kacin il quale ha fatto intendere che qualche allentamento si potrà avere se l’andamento epidemiologico migliorerà sostanzialmente e solo tra sette giorni. Il governo ha anche deciso di attendere le raccomandazioni dell’Unione europea prima di decidere se aprire o meno le stazioni sciistiche.

Intanto nella settimana dal 16 al 22 novembre sono state effettuate dall’Ispettorato della sanità 2.254 ispezioni relative alla gestione dell'epidemia di Covid-19 che hanno portato a 35 sanzioni per reati minori per un totale di 28.800 euro. Nelle sole aree pubbliche esterne sono state effettuate 571 ispezioni e sono state comminate 23 multe per complessivi 8.000 euro. Gli ispettori riferiscono di raduni di genitori e bambini di famiglie diverse nei campi da gioco e negli impianti sportivi all'aperto. Va notato che tali raduni non sono consentiti.

La ricreazione nelle aree verdi è permessa in gruppo ai soli membri di un unica famiglia. Segnalazioni arrivano all’Ispettorato relativamente al funzionamento di singoli saloni di bellezza e parrucchieri. La scorsa settimana, hanno anche affrontato diversi casi di apertura non autorizzata di ristoranti e bar. Rimane ancora irrisolto il problema dell’affollamento di persone attorno ai punti in cui alcuni locali servono cibo take away.

Forse servirebbe anche qui un’ordinanza Fedriga. —

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