ZAGABRIA Nessun segnale di abbattimento della curva in Croazia, dove al contrario si registrano nuovi record negativi e si lavora a misure più restrittive. E indicazioni preoccupanti anche in Slovenia, dove il rapporto tamponi-positivi risale e il virus si diffonde sul posto di lavoro.
Resta grave la situazione sul fronte ospedaliero, dove i ricoverati sono più di 2.100, 240 bisognosi di respiratore. Numeri «infelici», li ha definiti l’autorevole camice bianco Tomislav Franić, che in tv ha ricordato che le associazioni dei medici avevano avvertito da settimane che «con duemila pazienti in ospedale il sistema comincerà a collassare». E ora «abbiamo le tende» destinate ai malati «che si riempiono a Varaždin», una delle città più colpite, mentre a Zagabria si prepara il palasport Arena Zagreb. Senza dimenticare che «i 56 decessi sono come 840 in Italia in un solo giorno», ha aggiunto Franić, ricordando che il personale sanitario «da due settimane» chiede misure più severe per contenere l’epidemia, inascoltato dalle autorità.
Ma i provvedimenti sono in dirittura d’arrivo e dovrebbero essere in vigore da domani e «fino a prima di Natale», ha assicurato ieri sera il premier Andrej Plenković, terminata l’ultima riunione governativa per mettere a punto la stretta. Plenković non ha svelato le “armi” che saranno usate contro il virus, ma da giorni si mormora di chiusura delle scuole medie e superiori e dei locali nelle aree più interessate dai contagi. Stop anche ai cinema e forse pure a musei e teatri e riduzione al 30% della capacità del trasporto pubblico. In cantiere infine anche possibili limitazioni alle funzioni religiose. Ma niente lockdown, totale o parziale.
Il semi-lockdown invece è già realtà da settimane in Slovenia, ma nella vicina Repubblica i risultati sono relativamente deludenti. Ieri i nuovi contagi sono tornati a risalire fino a quota 2.226 (il 27,6% dei testati), i decessi sono stati 43, con Lubiana al quinto posto nella Ue per decessi ogni centomila abitanti (15,1) dopo Cechia (20,4), Bulgaria (19,6), Belgio (18,3) e Polonia (15,6). L’epidemia in Slovenia ha rallentato la sua corsa, ma di pochissimo, confermano anche dati Oms, che parlano di una media stabile di circa diecimila casi settimanali, ma di morti ancora in crescita. Casi che si diffondono non solo nelle case di riposo, ma anche sul posto di lavoro, l’ambiente di più ampia diffusione del virus, ha informato ieri l’Istituto nazionale di salute pubblica.
Non sono in vista mitigazioni delle misure, ma il governo le valuterà, anche a livello locale quando la situazione epidemiologica sarà migliore, ha assicurato il portavoce del governo, Jelko Kacin. —