BELGRADO Il virus dilaga, le maglie delle frontiere si stringono, ma qualcuno – malgrado controlli, pericoli e pugno di ferro delle autorità – riesce ancora a muoversi. Per continuare il proprio viaggio verso l’Europa più ricca. Sono profughi e migranti che in maniera sempre più massiccia, anche ai tempi della pandemia, usano la cosiddetta Rotta balcanica per raggiungere l’Ue, primo approdo l’Italia. Rotta balcanica che è rimasta battuta anche nel 2020, e perfino con maggior intensità che nel 2019.
Ma naturalmente le cifre reali sono assai superiori. L’aumento dei flussi nei Balcani è visibile non solo nei numeri, ma anche nella realtà, da mesi. Lo è in Serbia, dove a Belgrado è sempre più comune vedere – come negli anni passati – folti gruppi di profughi nell’area dell’ex stazione, in attesa di un contatto con i trafficanti. O a nord, tra Sid, Sombor e Subotica, dove i campi profughi sono “sold out”, affollati di giovani che attendono il momento giusto per passare irregolarmente il più poroso confine serbo-croato, ma anche quello – assai più sigillato – con l’Ungheria. Secondo dati Iom (International Organization for Migration), sono stati 1.400 i nuovi arrivi in Serbia solo tra il 12 e il 18 novembre (+32% rispetto alla settimana precedente e sono raddoppiati anno su anno, 33 mila i registrati secondo fonti Iom). Ma la frontiera più insidiosa rimane quella tra Bosnia e Croazia, dove secondo i media locali sarebbero stati 21 i migranti morti affogati o per altre cause nel 2020. E dove non scema il polverone sulle presunte violenze che verrebbero inflitte regolarmente agli irregolari in ingresso dalle forze dell’ordine di Zagabria. Un’ulteriore conferma delle ricorrenti accuse è arrivata dalla tedesca Der Spiegel, che ha corroborato le denunce con testimonianze-video raccolte da attivisti, che mostrano uomini in uniforme maltrattare migranti che tentavano di passare da clandestini il confine.
In Bosnia, almeno secondo le autorità, il numero dei migranti in attesa di proseguire il viaggio sarebbe tuttavia calato, da 12 mila a 6 mila, dopo che le autorità hanno deciso di usare la mano pesante per deportare «soggetti a rischio», ha affermato il ministro della Sicurezza, Selmo Cikotic. Ma non calano le tensioni con la popolazione locale, come confermano le proteste di centinaia di sarajevesi dopo l’omicidio, si dice per mano di migranti, del proprietario di un bar cittadino. Ma se in Bosnia gli arrivi diminuiscono (14.000 nel 2020 contro 30 mila nel 2020), conoscono un incremento lungo i rivoli per ora secondari. Come in Romania, dove sono stati quasi duemila quest’anno, rispetto ai mille del 2019. —