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Trieste, la testimonianza di Mastrociani: «Il sistema non ce la fa. Io malata chiusa a casa in balia dell’infezione»

Parla la presidente delle Acli, che ha contratto il Covid nei giorni scorsi: «Si vive un senso di abbandono. E chi non ha famiglia?»

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Erica Mastrociani in un’immagine di repertorio 

TRIESTE «Abbandonata. Sola. Se non avessi la mia famiglia, a cominciare da mio marito, nessuno si sarebbe occupato di me. Le istituzioni sono assenti: non c’è assistenza, nessuno che ti chiama per dirti cosa fare, per capire se i sintomi indicano un peggioramento. Sei tu e il virus, punto. Chiedo: se un ammalato non ha una famiglia, come fa?».

È la presidente regionale delle Acli, Erica Mastrociani, a raccontare la propria esperienza. Mastrociani, sessantun anni, ha preso il Covid nei giorni scorsi: febbre, tosse e un’eruzione cutanea. «Ora sto un po’ meglio, devo fare l’aerosol, ma vi assicuro che questa non è una banale influenza. Sei a letto, non puoi fare nulla. Non c’è stato nemmeno alcun tracciamento dei miei contatti. Il sistema è saltato. Non lo dico per polemica, ma perché è bene che si sappia cosa sta succedendo».

Quando ha cominciato a stare male?

Lunedì 26 ottobre con la tosse, poi il giorno dopo anche febbre, che è arrivata fino a 37,9. Mercoledì 28 ho chiamato il mio medico, mi ha detto di fare il tampone. Giovedì sono stata contatta dal Dipartimento di prevenzione e lo stesso giorno ho fatto il test. In due giorni, sabato, ho avuto la risposta. Nel frattempo stavo sempre peggio.

Poi cosa è successo?

Da sabato 31, cioè da quando ho avuto la risposta della positività, la prima telefonata dal Dipartimento l’ho ricevuta l’11 novembre. Quindi appena dopo 12 giorni è stato possibile spiegare la mia situazione: cioè con chi vivo, se ci sono altri componenti della mia famiglia con sintomi e come mi sono comportata in questo periodo. E quindi ottenere il certificato che attesta la quarantena. Appena oggi (ieri, ndr) mio marito e i figli hanno fatto il tampone. Gli operatori che mi hanno contattato sono stati gentili, questo va detto, anzi si sono scusati spiegandomi che non ce la fanno a star dietro ai casi. Nel frattempo, comunque, io ho avvisato della mia positività le persone incontrate nei giorni prima di ammalarmi. Mi sono isolata in camera, disinfetto tutto ciò che tocco.

Oltre al suo medico, in tutto questo periodo si è fatto sentire qualcuno?

No. E nessuno è venuto a visitarmi. Non c’è nessuno che ti dice se la tosse e la febbre persistenti sono sintomi di un aggravamento o no. Non c’è assistenza, niente. Nessuno ti spiega nulla. Chi è a casa è abbandonato. E non hai forze, stai male, non puoi farti da mangiare, non ti alzi. Siamo in mezzo a una pandemia e non c’è nessuno che ti prende in carico. Non è polemica, è ciò che sta succedendo.

E il tracciamento dei suoi contatti?

Niente. Nemmeno attraverso la app Immuni: non serve a niente. L’ho eliminata. Credo che siamo di fronte a due tipi di problemi: il tracciamento, completamente saltato. Ma soprattutto il senso di abbandono delle istituzioni: sei tu e la tua famiglia in balia della malattia. Eravamo tutti in casa ad aspettare cosa fare, a chiederci cosa sarebbe accaduto di noi. E se una persona non ha famiglia? Chi ti fa da mangiare? Mi vien da dire che gli eroi sono i familiari. Chi li ha. —


 

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