TRIESTE Il Pil pro capite italiano ha fatto un balzo all’indietro di quasi 30 anni, ma il motivo di questo arretramento non è dovuto solo al collasso dell’economia dovuto alla pandemia, ma al fatto che, dagli anni Novanta, la crescita del Paese è stata debole. Così si è espresso ieri il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in un intervento da remoto all’Euroscience Open Forum (Esof), nel corso del quale è stato intervistato dall’accademica Fiorella Kostoris, fra l’altro membro del consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca.
Il Governatore della Banca d’Italia, entrando nel dettaglio, ha ricordato che «la caduta del Pil italiano, nel secondo trimestre di quest’anno, è stata circa del 13 per cento rispetto al trimestre precedente. In altri Paesi – ha osservato – abbiamo registrato un fenomeno simile o anche peggiore, nello stesso trimestre, ma nessun altro ha fatto l’enorme salto indietro accusato dall’Italia, perché altrove la crescita è stata più robusta. Ecco come si spiega – ha rilevato Visco – che la Germania è atterrata sui livelli del Pil pro capite del 2010, la Francia e la Spagna del 2002 e gli Stati Uniti al 2014. Per questo – ha continuato il Governatore – per l’Italia affrontare i nodi che ne hanno compresso la crescita negli ultimi trent’anni è altrettanto importante quanto il contrasto delle difficoltà sorte con la pandemia».
«Come più volte ho sostenuto – ha proseguito Visco – è essenziale che si attuino riforme volte a creare un ambiente più favorevole alle imprese, aumentando la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici, riducendo gli oneri amministrativi e burocratici, abbassando il peso dell’evasione fiscale, della corruzione e di altre attività criminali. Riforme tutte importanti – ha detto – ma non sufficienti per un paese avanzato come l’Italia. Quando un paese si avvicina alla frontiera tecnologica – ha continuato – la crescita economica dipende dalla capacità di incorporare e promuovere innovazione, un’operazione questa che richiede una spesa adeguata per le nuove tecnologie, e sulla quantità e qualità degli investimenti nell’istruzione, dalla scuola primaria all’università».
Il Governatore ha poi sottolineato che “i ritardi accumulati nell’innovazione e nell’istruzione e la loro interrelazione con le strutture del sistema produttivo sono molto probabilmente all’origine della debolezza della crescita economica italiana.
La struttura del sistema produttivo è estremamente frammentato in Italia – ha infine evidenziato – e il suo’nanismo’è correlato alla capacità delle imprese di introdurre buone pratiche manageriali, adottare nuove tecnologie per sviluppare innovazione e investire in capitale umano. Le imprese italiane più grandi sono spesso più produttive delle corrispondenti imprese francesi e tedesche – ha concluso – ma il gruppo molto numeroso di imprese più piccole è molto meno produttivo e fa scendere la media». –