Aiuola contesa a Campo Marzio Il Municipio perde la causa
Nel 2015 il Demanio aveva ceduto l’area a un privato che ne voleva fare un park Il Comune ne reclamava la proprietà ma per il Tribunale mancano i documenti

Colpo di scena nella vicenda che riguarda l’area verde nella zona dell’ex Talassografico: il Tribunale dà torto al Comune e lo condanna a rifondere le spese di lite con il privato che cinque anni fa ci voleva costruire un parcheggio. Lo ha reso noto il vicesindaco e assessore al Bilancio Paolo Polidori durante l’ultima seduta del Consiglio comunale, che allo scopo ha approvato un riconoscimento di debito fuori bilancio del valore di 17.509,44 euro.
Di questo caso non si sentiva più parlare dal 2015. All’epoca tutto ebbe inizio nel momento in cui trapelò la notizia dell'imminente costruzione di 18 posti macchina su quel fazzoletto di terra compreso tra via Murat e viale Romolo Gessi. Ciò aveva provocato l’immediata levata di scudi dei residenti e dei comitati ambientalisti, trattandosi di un triangolo verde alberato con dieci platani e diverse siepi.
L’allora assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto, inizialmente, aveva alzato le mani: apparentemente c’era stata una compravendita, in seguito alla quale l’area era diventata privata, e il Comune non poteva farci nulla. Poi il consigliere del M5s Paolo Menis aveva presentato una domanda d’attualità in aula: «Il Demanio ha venduto quell’area a un privato ma non ne aveva diritto. L’area è proprietà del Comune come aiuola ormai dal 1845. Lo provano ricerche degli uffici comunali».
L’ex sindaco Roberto Cosolini aveva confermato il qui pro quo, annunciando di aver revocato la Scia (la Segnalazione certificata di inizio attività, ndr) e di aver dato mandato all’Avvocatura di approfondire come mai il Demanio avesse ceduto l’area – non sua – a un privato. L’aiuola era comunale, insomma, e quindi, del parcheggio, non se ne faceva più niente.
Adesso però viene fuori che il Comune ha torto. Il motivo? Non ha fornito la cosiddetta «probatio diabolica» circa la proprietà dell’immobile, si legge nella sentenza. Il Comune in sostanza ha rivendicato la proprietà dell’area, ma il Tribunale ne ha rigettato la domanda perché l’ente cittadino non ha presentato tutta la documentazione richiesta per lo scopo. In particolare mancherebbe l’estratto tavolare storico o, in alternativa, la prova di un titolo originario da cui far derivare tale proprietà. Un errore degli uffici, sembrerebbe.
«Il Comune soccombe in situazione kafkiana, a causa di un vizio di forma», commenta Menis: «Pensavo tutto fosse finito nel 2015. Spero che il Municipio continui a battagliare con tutti i mezzi possibili, ad esempio l’usucapione, sennò si crea un precedente per cui i terreni comunali possono andare ai privati». Polidori ha spiegato che il Comune non ricorrerà in appello, assicurando però che la ragione è meramente amministrativa. Risulta infatti che in secondo grado non si può allegare un documento relativo al primo. Il Comune dunque perde la causa, e intanto pensa a come avviare la ricerca della documentazione necessaria a produrre un’azione civile nuova: per la giunta si tratta di una questione di principio, oltre che dei 17 mila euro. Il capogruppo forzista Alberto Polacco ha ribadito i concetti espressi dal vicesindaco, dando ragione a Menis quanto alla difesa dell’area verde. —
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