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Il rettore di Trieste Di Lenarda: «Un piano aule ambizioso e 2 milioni di spese hi-tech per far ripartire l’ateneo»

Intervista al numero uno di Piazzale Europa ad un anno dall’insediamento. «A settembre lezioni ed esami in presenza. L’Università ha bisogno del contatto: ne va della crescita personale e collettiva»

4 minuti di lettura

TRIESTE Recuperare la normalità da settembre, perché «l’Università non può diventare telematica» e per questo si tornerà in aula. Non ha dubbi il rettore dell’ateneo triestino Roberto Di Lenarda che, dopo aver vissuto i primi dodici mesi di mandato all’insegna dell’eccezionalità del Covid, vuole che il nuovo anno accademico cominci con corsi, esami e lauree in presenza. Pur con le precauzioni necessarie a evitare contagi, che il medico-rettore non considera un’eventualità remota, alla luce di troppi comportamenti rilassati fra i cittadini.

Come avete vissuto l’emergenza?

L’Università ha reagito bene al ciclone, trasferendo online tutta la didattica in una settimana e completando cicli di lezione ed esami. Sul fronte amministrativo, lo smart working al 90% si è dimostrato un modello che potrà essere utile in futuro senza penalizzare la produttività e venendo incontro alle esigenze del personale.



Si può tornare alla normalità?

Abbiamo anticipato la riapertura appena possibile: da un mese sono ripresi gli esami scritti e le lauree in presenza. La prossima settimana laureeremo cento medici con, per la prima volta, titolo abilitante, che permetterà subito l’ingresso in corsia. Abbiamo poi attivato test sierologici e tamponi per il personale che voglia sottoporsi allo screening.

A settembre tutti in aula?

L’Università non può e non deve diventare telematica o si perdono crescita personale e collettiva. Le lezioni ripartiranno in presenza, ma le trasmetteremo in via telematica per chi preferisce ritardare il rientro. Tutti potranno comunque frequentare e fare esami in via telematica, ma l’Università avrà tutte le misure di prevenzione.



Come si fa con il distanziamento?

Abbiamo un piano aule ambizioso. Entro settembre le aule medio-grandi saranno tutte dotate delle tecnologie necessarie per fare lezione a distanza, investendo quasi due milioni. E poi faremo in modo che le lezioni, se necessario, siano seguite in più aule contemporaneamente, con possibilità per gli studenti di interagire coi professori. Useremo più stanze per ridurre la concentrazione e i corsi potranno essere organizzati con tutta la flessibilità necessaria.

La ricerca è ripresa?

Abbiamo sbloccato i laboratori a maggio, dando priorità ai progetti con scadenze. Ma ormai siamo ripartiti a regime, anche se con turnazioni nei laboratori.



Come farete con i test per i corsi a numero chiuso?

Esiste già il calendario. Quelli nazionali come Medicina saranno svolti in presenza. Alcune preselezioni di altri dipartimenti saranno online.

Per l’Erasmus si prospettano tempi duri…

Quest’anno abbiamo sostenuto i costi extra degli studenti rimasti bloccati all’estero. Per il prossimo, abbiamo assunto la decisione difficile di sospendere il programma in entrata e uscita per il primo semestre: meglio partire con regole certe dal secondo.

Come cambierà la vita quotidiana degli studenti?

Non troppo. Abbiamo riaperto prestiti bibliotecari e sale studio, anche se con numeri definiti e obbligo di mascherina. A settembre sarà disponibile una app, che permette di prenotare la presenza in sala studio, attestare la frequenza delle lezioni obbligatorie e monitorare le presenze nelle stanze. La mensa riaprirà, anche se con metà posti, ma riprogrammeremo le lezioni con una pausa pranzo scaglionata, e per la prima volta si potranno ricevere i pasti nei comprensori di San Giovanni e Valmaura. Si riavviano alla normalità anche le case dello studente, che non hanno mai chiuso. E speriamo che con il Comune si possa ragionare sulla riapertura delle case in Cavana.

Qual è il suo giudizio di medico sulla gestione regionale dell’epidemia?

È stata buona e ricordo bene la domenica in cui si è condivisa la scelta non scontata di chiudere le Università. Siamo la regione del Nord che ha pagato, non casualmente, il prezzo più basso più basso, anche se Trieste ha sofferto di più per le sue peculiarità. La medicina universitaria, in primis infettivologi, epidemiologi e rianimatori, si è mostrata straordinario valore aggiunto. Ma per l’autunno sono preoccupato: molti sembrano aver dimenticato l’infezione e vedo comportamenti inaccettabili, mentre il virus nel mondo è ai picchi massimi di diffusione. Ora facciamo le diagnosi tempestivamente e sappiamo fare i tracciamenti, ma non è finita.

Cosa si attende dalle nuove iscrizioni?

Negli ultimi tre anni sono tornate a crescere, ma con la pandemia e la conseguente crisi economica sarebbe soddisfacente attestarsi sui livelli dell’anno scorso. Quest’anno abbiamo però fatto una straordinaria operazione di riduzione delle tasse, che ci ha reso l’ateneo triveneto con le imposte più basse, grazie all’estensione della no tax area a 25 mila euro di Isee e una forte riduzione fino a 30 mila. È stata pure dimezzata la prima rata per i neoimmatricolati. L’istruzione è l’unico ascensore sociale e tutti devono potervi accedere.

Perché scegliere Trieste?

Offerta formativa d’eccellenza, rapporto numerico docenti-studenti ottimale, ricerca al top, investimenti in edilizia e offerta formativa innovativa, basti pensare che da quest’anno avremo, unici in Italia, triennale e magistrale di Intelligenza artificiale. E poi qui c’è una città meravigliosa.

Ma i docenti sono sempre meno…

Nel 2010 ne avevamo oltre mille, al mio insediamento 630, a causa di fondi ridotti e blocco del turnover, ma abbiamo in cantiere bandi per 14 ricercatori di tipo A, 60 di tipo B e un’altra ventina di posizioni, oltre a 19 passaggi da ricercatore ad associato. Spingiamo per l’ingresso di giovani e noto un +40% delle domande per dottorati. Molte uscite le abbiamo avute anche nel personale tecnico-amministrativo, ma ci sono concorsi in atto.

I finanziamenti ordinari sono sempre troppo pochi.

Purtroppo sì, ma speriamo che i primi positivi segnali di quest’anno non siano misure spot e avviino la fine di un periodo buio cominciato dieci anni fa.

Novità sul fronte dell’edilizia?

La macchina è ripartita dopo tanti anni. A marzo inaugureremo l’edificio di Economia, abbiamo rinnovato le aule magne di Fisica e Chimica, sistemeremo gli edifici C2 e C5 di Ingegneria, abbiamo aggiudicato i lavori per i padiglioni F1 e F2 di San Giovanni, a ottobre inaugureremo il centro di simulazione di Cattinara. È partito l’iter per la mensa di Gorizia e stiamo investendo quasi un milione per implementate la rete wifi, anche in città, a favore dei nostri studenti.

Esof intanto viene azzoppato dal virus: occasione persa per il sistema scientifico?

No, anche se ci saranno meno presenze. All’estero Trieste ha un’immagine molto riconoscibile, anche se stiamo lavorando per far percepire di più ai cittadini l’importanza del sistema.

A Udine si inventano invece un master in Sciamanesimo.

A Trieste no.

Per finire. Il bilancio del primo anno da rettore?

È stato un anno intenso e particolare per la pandemia, che però ci ha aiutato a fare scelte innovative. Il clima interno è buono, colgo maggior senso di appartenenza e ho la fortuna di avere una squadra straordinaria un direttore generale di grandissime capacità umane e professionali. —
 

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