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Coronavirus, il bisogno di normalità dei piccoli e la corsa a riaprire i centri estivi

Regione in pressing su Roma per far ripartire in sicurezza i servizi educativi e interrompere la clausura dei bambini

Marco Ballico
2 minuti di lettura

TRIESTE All’inizio avranno pensato che era solo una vacanza un po’ più lunga, il regalo di un Carnevale con la coda. Poi però mamma e papà sempre a casa, i nonni solo al telefono, il parco chiuso, non sembrava più una vacanza, c’era un virus da tenere lontano, un mostro che non si era sentito neanche nelle fiabe. È cambiata in fretta anche la vita dei bambini con il coronavirus: che strano non vedere i compagni di classe, che peccato non festeggiare il compleanno, che dispiacere non giocare più a pallone.

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I più fortunati hanno un giardino, una famiglia che non ha problemi economici, è serena, li coccola. Chi invece ha sofferto al chiuso e in tensione per troppo tempo andrà riabituato a giocare, a pedalare, a sorridere. A qualcuno continuerà ad andare tutto bene, a qualcun altro proprio no. Ai bambini però hanno detto che a loro, il virus, non viene quasi mai. E avranno pensato che sarebbe bello rivedere gli amici.

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Il ministro per la Famiglia Elena Bonetti ha proposto un piano per l’infanzia dai 3 anni in su, la riapertura di asili nido e scuole materne da inizio giugno e poi centri estivi. Linee guida «per garantire a bambini e ragazzi l’esercizio del diritto alla socialità e al gioco nella fase 2 dell’emergenza Covid-19». Anche in Regione ci si è attivati. Gli assessori alla Salute Riccardo Riccardi e al Lavoro Alessia Rosolen hanno incontrato i gestori dei servizi per l’infanzia e i presidenti delle assemblee degli ambiti chiarendo che l’intenzione è di venire incontro ai genitori che hanno ricominciato a lavorare dopo la quarantena. E dunque servirà riattivare i centri estivi e i servizi educativi, naturalmente in sicurezza.

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La proposta del Friuli Venezia Giulia, che chiederà specifici fondi al ministero per la Famiglia e il via libera per l’accesso agli istituti scolastici al Miur, è che il protocollo nazionale definisca il numero massimo di presenze a fasce d’età omogenee e ne stabilisca il rapporto educatore/bambini (da zero a 6 anni un educatore ogni 4 bambini, uno ogni 5 per più grandi, uno a uno per i minori con disabilità).

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La Regione propone inoltre l’intensificazione della sanificazione di locali e bagni e un maggiore sfruttamento degli spazi all’aperto, ma anche l’accesso contingentato e scaglionato alle sedi da parte dei genitori e l’erogazione di pasti con materiali monouso. Per concretizzare il progetto, auspica la giunta, «è necessario il coinvolgimento e la collaborazione di Comuni, scuole paritarie, Ufficio scolastico regionale, Anci e anche del Coni per l'individuazione e la fruizione di spazi adeguati, anche sfruttando quelli delle scuole pubbliche che non riapriranno prima di settembre».

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Per i più giovani la convivenza con il coronavirus significa anche didattica a distanza. Il direttore dell’Usr Daniela Beltrame ha riassunto in sesta commissione i numeri dell’iniziativa messa in campo per fronteggiare la chiusura delle scuole. Su 143.160 allievi, solo 168 risultano fuori dalla rete e tutti gli istituti hanno attivato collegamenti telematici per interagire con gli studenti, anche coinvolgendo animatori digitali e con misure specifiche a favore di alunni con disabilità o disturbi specifici dell'apprendimento. Effetto dei fondi (1 milioni 585mila euro, a disposizione delle scuole con strumentazione carente) destinati al Fvg con il decreto del 26 marzo per acquistare strumenti materiale necessario alla connessione.

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Una parte dei contributi è servita per assumere 18 supplenti tecnici a supporto degli istituti comprensivi per realizzare in pochi giorni altrettante reti di scuole del primo ciclo, mentre con risorse complementari della Regione si è provveduto a fornire dispositivi in comodato d'uso agli alunni che ne erano sprovvisti. —


 

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