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Montenegro, timori di golpe dietro le proteste di piazza

Legge sulle religioni, ai militari vietato partecipare a raduni della Chiesa ortodossa Djukanović: «È l’ultima battaglia combattuta dagli oppositori del nostro Paese»

Mauro Manzin
2 minuti di lettura

PODGORICA C’è una pericolosa aria di golpe che aleggia nell’aria in Montenegro, atmosfera complottista innescata dalle proteste di massa della popolazione serba contro la legge varata dal Parlamento di Podgorica e relativo ai beni della Chiesa serbo-ortodossa che potrebbero venir confiscati dallo Stato.

Il capo dell’Esercito montenegrino, il generale Dragutin Dakić è stato categorico: «Qualsiasi soldato che prenderà parte alle proteste sarà espulso dall’Esercito». Parole pronunciate non nelle camerte di una caserma bensì alla televisione Vijesti. «Non c’è posto nell’Esercito - ha precisato - per coloro che vogliono difendere la Chiesa dalla legge».



I movimenti politici filo-russi e filo-serbi che generalmente sostengono la Chiesa serbo-ortodossa partecipano regolarmente alle manifestazioni e alle marce. Ma il generale Dakić ha avvertito che i soldati hanno il dovere di difendere lo Stato in conformità con le leggi e la Costituzione e non possono prendere parte a manifestazioni politiche.

«È inaccettabile - ha puntualizzato sempre il generale - partecipare alle proteste dove ci sono implicazioni politiche visibili, dove possiamo vedere solo le bandiere di un altro Stato ... e quando il Montenegro viene insultato». Chiaro il riferimento alla presenza di bandiere ed emblemi serbi ai raduni.Mercoledì scorso, il quotidiano serbo Vecernje Novosti ha riferito che durante una riunione dell'Esercito il 6 febbraio, Dakić ha minacciato gli ufficiali di esclusione dal servizio militare se avessero partecipato alle proteste.

In un'intervista all'emittente pubblica montenegrina del 4 febbraio scorso, il presidente Milo Djukanović ha dato lo stesso avvertimento ai membri del suo partito democratico socialista, il Dps, dicendo che coloro che si univano alle marce contro la legge religiosa rischiavano l'espulsione dal partito.

Dunque quasi una manovra a tenaglia da parte di Esercito e Partito di potere per dimostrare la propria forza e scongiurare qualsiasi tentativo di rivolta sull’onda della rabbia popolare scatenata dall’affronto di Stato alla Chiesa serbo-orotodossa. Un tereeno moto fertile su cui speculare e sulla base del quale agire per innescare ribaltoni politici.

E non a caso, dunque, durante una riunione della presidenza del Dps, Djukanović ha descritto le proteste contro la legge come l'ultima battaglia politica «combattuta dagli oppositori dello Stato montenegrino», riferendosi a serbi etnici e altri che si sono opposti all'indipendenza del paese nel 2006. Ricordiamo che dopo lo scioglimento della Jugoslavia, fino al 2006, Serbia e Montenegro rimasero per alcuni anni in una "unione statale" libera. Il presidente ha affermato che la legge sarebbe stata comunque attuata perché sosteneva il concetto civico di Stato.

La legge controversa, adottata a dicembre, prevede la creazione di un registro di tutti gli edifici e siti religiosi che secondo le autorità erano di proprietà del Regno indipendente del Montenegro prima che entrasse a far parte del Regno di serbi, croati e sloveni nel 1918 , in seguito ribattezzato Jugoslavia. —


 

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