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Trieste ricorda l’orrore delle leggi razziali con la posa di altre 21 pietre d’inciampo

Da Cavana a via Rossetti fino a Roiano: le tappe della memoria davanti alle case da cui sparirono per sempre adulti e bimbi

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Sono stati presi, deportati in un campo di concentramento e uccisi. Ora, almeno, verranno ricordati. In memoria di 21 cittadini, vittime della follia nazifascista che ha prodotto le leggi razziali, sono state posizionate ieri 21 pietre d’inciampo, che vanno ad aggiungersi alle 29 collocate nel 2018 e nel 2019. Un monito per ricordare di quali aberrazioni è capace l’uomo e celebrare una memoria collettiva che, ha sottolineato il Rabbino capo Alexandre Meloni, «non è solo degli ebrei, ma di tutta la città». Ogni pietra è stata posizionata dalla Comunità ebraica in collaborazione con Comune e Soprintendenza sotto la casa in cui vivevano i deportati: la prima in piazza Cavana 6 per ricordare Diamantina Israel Misan, poi in via Santa Caterina 7 le sei pietre della famiglia Goldschmied, in via Vidali 8 la famiglia Semo con Leone, Allegra Acco, Giuliana Lilly, Ester e Anna Anita. Enrichetta ed Ernesto Alpron vivevano invece in via Rossetti 43, Clementina Tosi Pagani in via Ireneo della Croce 5, mentre in via Giulia 26 Vittorio Zadock Bisson, Stella Nacson Bisson, Rebecca Enrichetta Nacson e Daniele Israel. La mattinata si è conclusa in via Udine dove sono stati ricordati Alberto Goetzl e Amalia Weiss Goetzl.

Ad accompagnare la posa delle pietre realizzate dall'artista Gunter Demnig gli studenti della V I del liceo Petrarca che, a turno e in ogni postazione, hanno letto un messaggio agli studenti della Nazario Sauro, della Fonda Savio, della Rodari e del Ciofs Fvg.

Tante e diverse le storie delle 21 persone ricordate ieri: da quella di Leone Semo, commerciante jugoslavo di origine ebraica, a quella di Clementina Tosi Pagani colpevole, per i nazisti, di aver ospitato esponenti della Resistenza.

Roberto Dipiazza ha voluto ricordare le leggi razziali: «Oggi non deve più accadere quello che è successo nel ‘900». Pierpaolo Roberti ha invece sottolineato come «le pietre di inciampo abbiano una forza enorme per riportare nel presente la memoria di quello che è avvenuto nel passato».

Per Shai Misan, nipote di Diamantina Israel Misan, «queste pietre ci aiutano a riflettere su cosa possiamo fare per gli altri prendendo anche coscienza della vita». Alessandro Salonichio, presidente della Comunità ebraica, ha parlato di un gesto «dovuto a chi è stato deportato nei campo di concentramento, che prosegue un cammino iniziato tre anni fa. Abbiamo ancora tante altre pietre da mettere perché Trieste fu molto colpita dalle deportazioni».

Infine il Rabbino nel suo intervento ha ricordato l’importanza della memoria: «Il Talmud dice che una persona muore quando non viene più ricordata: queste pietre consentono loro di continuare a vivere. C’è una differenza tra la storia, su cui gli esperti discutono e si interrogano, e la memoria, quest’ultima deve vivere e ognuno deve portarla con sè». Quanto al presente «non si potranno mai cancellare antisemitismo e razzismo - ha continuato - ma si possono arginare. Viviamo una grande crisi identitaria e dovremmo prenderci il tempo di riflettere per capire dove vogliamo andare. Gli arrivi dei migranti ci costringono ad interrogarci, ma non dobbiamo rinchiuderci per evitare di tornare agli anni bui del passato. Il diverso è una ricchezza». —



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