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Rete ferroviaria portuale: in arrivo 39 milioni dalla Bei

La Banca europea per gli investimenti accende la linea di credito che servirà a potenziare il nodo di Campo Marzio e gli altri collegamenti nell’ambito di Trihub

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Una veduta aerea della ferrovia che l’Autorità portuale vuole potenziare al servizio dell’attività dello scalo di Trieste 

TRIESTE Un mutuo da 39 milioni per dare forza al progetto di raddoppio della capacità ferroviaria del porto di Trieste. La somma era già prevista all’interno del totale da quasi duecento milioni del piano denominato Trihub: la novità è che la Banca europea per gli investimenti (Bei) ha acceso la linea di credito a favore dell’Autorità portuale di Trieste. Il mutuo rientra nel più ampio programma di finanziamento per la realizzazione delle reti ferroviarie Ten-t, che la Bei ha approvato nel 2014 e che mette a disposizione dei porti italiani mezzo miliardo di euro.

Zeno D'Agostino 


È la stessa Bei a motivare le ragioni del prestito sul proprio sito, laddove spiega che «il progetto comprende l’espansione della capacità ferroviaria e il potenziamento delle operazioni nel porto, riprogettando il principale scalo di smistamento ferroviario (Campo Marzio, ndr) e ripristinando le ferrovie interne esistenti». Il tutto serve ad aumentare «capacità ferroviaria ed efficienza dell’infrastruttura ferroviaria – scrive sempre la Bei – e consente al porto di soddisfare la domanda di trasporto merci dell’industria e dei consumatori nella regione e riduce i costi logistici complessivi. Ciò migliora la posizione competitiva della regione e contribuisce alla crescita e all’occupazione». La Banca ne fa anche una questione di aumento della «sostenibilità ambientale globale della catena di approvvigionamento regionale», perché la crescita della ferrovia corrisponderà alla riduzione di aspetti negativi come «emissioni, inquinamento, incidenti e rumore».

Trihub è considerato un progetto strategico dall’Ue e lo è sicuramente per il porto giuliano, che grazie al raddoppio della capacità ferroviaria potrà passare entro il 2025 da un volume di 14 mila treni all’anno a un potenziale di 25 mila convogli. Il piano è gestito interamente da Rete ferroviaria italiana e, dopo la firma del memorandum con i cinesi di Cccc, prevede il possibile coinvolgimento della gigantesca società pubblica cinese, sebbene questa parte degli accordi con il Dragone sia al momento finita completamente sotto traccia.

Com’è noto, nel 2018 il traffico dello scalo ha prodotto una movimentazione di 9.700 treni in uscita e in entrata. Sono stati alcuni interventi di riorganizzazione a permettere fin qui di incrementare la capacità della rete, ma il limite strutturale è ormai vicino e non permetterebbe al porto di sfruttare l’incremento dei traffici marittimi su cui sta scommettendo il presidente Zeno D’Agostino. Da qui la decisione di Rfi di intervenire massicciamente nell’area giuliana: la mano pubblica ha a disposizione quasi 200 milioni (parte dei quali finanziata appunto con mutui), che permetteranno di ridisegnare il nodo di Campo Marzio, adeguare quello di Villa Opicina, ripristinare la stazione di Aquilinia e creare la Grande stazione di Servola, come viene definita nei progetti riguardanti la creazione del Molo VIII a partire dalla Piattaforma logistica. Non mancheranno interventi più minuti ma capaci di oliare il meccanismo complessivo, come nel caso del bivio della galleria di cintura e dei raccordi per la Piattaforma e le aree ex Wärtsilä di FreeEste. Per concludere con la riapertura della storica ferrovia Transalpina e migliorie lungo tutta la linea che porta verso Tarvisio, per eliminare i colli di bottiglia fino alla frontiera con l’Austria. —


 

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