Antonio Paroli artista simbolo del ’700 goriziano
Tra le sue opere anche il prezioso dipinto che ritrae i santi patroni Ilario e Taziano

PUNTI DI VISTA
Di Antonio Paroli (1688-1768), che col bavarese di Passau Michael Lichtenreiter (1705-1780) fu protagonista dell’arte nella Gorizia di metà Settecento, non si sa poi molto. Nessuna notizia sull’iter formativo, è nota la sua presenza a Venezia dal 1718 al 1720. Presumibilmente nato a Gorizia, dopo aver abitato un periodo in contrada delle beccherie, odierna via Morelli, vi muore a ottant’anni il 13 febbraio 1768 per essere sepolto nel cimitero che allora si trovava nella Braida Vaccana, accanto alla chiesa di Sant’Antonio da Padova in via del Santo.
Scrive in “La pittura barocca nel Goriziano” del 2002 Ferdinand Šerbelj che «la pittura del Paroli costituisce, insieme con quella di Lichtenreiter, artista dagli accenti prettamente nordici, il filone più importante della produzione pittorica del Settecento goriziano, tanto che la tradizione legata alla sua maniera perdurò tra i pittori locali perdurò per buona parte dell’Ottocento».
Tra le sue opere, costituite prettamente da immagini sacre o scene mitologiche di grande formato come “Gli dei dell’Olimpo” sul soffitto del salone di Palazzo Attems Petzenstein, spicca un piccolo dipinto coi santi protettori di Gorizia, Ilario e Taziano, il secondo vescovo di Aquileia e il suo diacono martirizzati il 16 marzo 284 al tempo dell’imperatore romano Numeriano e ai quali è dedicato il Duomo di Gorizia. Ai lati due angioletti recano la spada, mentre altri due al centro sorreggono il modello del castello di Gorizia, simbolo della città, sul quale i santi posano la mano protettiva mentre l’altra reca la palma del martirio. Ambedue sono raffigurati nelle vesti ufficiali del proprio rango, attualizzate al momento del dipinto realizzato all’epoca dell’istituzione dell’Arcidiocesi di Gorizia nel 1752, con lo sguardo del vescovo Ilario alto verso l’emblema coronato dei Conti di Gorizia, divenuto poi parte del simbolo dell’Arcidiocesi, mentre gli occhi di Taziano volgono in basso, verso la città.
Dagli anni Trenta nel Castello ricostruito, il dipinto di Paroli si trova oggi nella sala conferenze dei Musei provinciali e guardandolo si nota uno sfregio ad “x” lungo le diagonali della tela, che un accurato restauro non è riuscito a celare lasciando il ricordo dell’evento da alcuni attribuito alle sciabolate delle truppe napoleoniche giunte con Napoleone a Gorizia nel 1797, forti della scristianizzazione e della nuova religione nata con l’illuminismo e la Rivoluzione francese: la Dea Ragione. –
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