Arvedi vuole l’ex Ilva Intanto in Ferriera stop agli ordini di materie prime
La proprietà della fabbrica triestina punta all’alt all’area a caldo il 31 dicembre e guarda allo stabilimento pugliese

TRIESTE Il gruppo Arvedi potrebbe giocare a Taranto la sua prossima partita nel settore della siderurgia. Mentre a Trieste l’azienda annuncia la chiusura dell’area a caldo e ne attribuisce le responsabilità alle pressioni della giunta Fedriga, la stampa nazionale rilancia l’ipotesi di un interesse della società a rilevare l’ex Ilva.
Se ne parla su Repubblica e Sole 24 ore, secondo cui l’ingegner Giovanni Arvedi non ha mai rinunciato ad assumere il controllo del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, capace di dare lavoro a 10 mila persone. L’occasione potrebbe essere offerta dal possibile abbandono del campo da parte di ArcelorMittal, dopo che il governo giallorosso ha ottenuto l’approvazione al Senato del decreto Salva imprese, senza la conferma dello scudo penale richiesto dalla multinazionale per avere certezza di non incorrere in eventuali reati ambientali commessi nella precedente gestione.
È alla luce di questo passaggio che Repubblica ricostruisce la volontà di inserimento di Arvedi, che nel 2018 aveva cercato di strappare Taranto ad ArcelorMittal, costituendo una cordata assieme a Leonardo Del Vecchio, Jindal e Cassa depositi e prestiti. Per il quotidiano, «fonti vicine al gruppo Arvedi non escludono un eventuale interessamento verso l’ex Ilva in caso di passo indietro del colosso euroasiatico». Lo scenario vedrebbe il ritorno in pista di quella stessa alleanza, anche se il patron di Luxottica sembra non volerne più sapere di acciaio. Secondo Repubblica, Arvedi starebbe pensando all’Ilva perché la chiusura dell’area a caldo di Trieste significherebbe rinunciare del tutto alla presenza di un ciclo siderurgico integrale, che a Taranto continua invece a funzionare, almeno per ora.
Come per Trieste, molto dipenderà dalle scelte della politica, con la Camera che deve ancora esprimersi sul Salva imprese. Il ministro Stefano Patuanelli ha dichiarato di avere a cuore il tema della produzione di acciaio in Italia, ma di non considerare la Ferriera strategica da questo punto di vista. Ben diverso è il caso di Taranto, ma la politica ondeggia: in un solo anno il M5s si è prima espresso per la chiusura e poi per il mantenimento in vita, sostenendo la necessità di garantire lo scudo ad ArcelorMittal e infine cancellandolo dal decreto in accordo col Pd che di quella salvaguardia era stato sostenitore.
A distanza di un anno dall’acquisizione, simile scelta potrebbe segnare il clamoroso addio da parte di ArcelorMittal, complici anche i risultati economici negativi dei primi mesi di gestione. Arvedi sta a guardare. Il gruppo continua intanto a ripetere che il 31 dicembre staccherà la spina all’altoforno triestino e ha comunicato ai sindacati di avere già un accordo con realtà russe e ucraine per la fornitura di quella ghisa che a Trieste non verrà più prodotta. Intanto il Sole svela – mai smentito – che gli ordinativi di materie prime sono stati cancellati. Taranto diventa allora un’opportunità importante, ma perché ci siano sviluppi si dovrà capire quali meccanismi si innescheranno in reazione al decreto del governo Conte bis.
Per quel che riguarda Trieste, l’azienda si è seduta al tavolo per la riconversione convocato dal Mise e continua a ribadire che le serrande dell’area a caldo si abbasseranno a fine anno. Si trattasse anche di affermazioni pronunciate tatticamente per alzare il prezzo e velocizzare la stesura del nuovo Accordo di programma, la chiusura di cokeria e altoforno si realizzerà probabilmente nei primi mesi del 2020. L’azienda ha intanto comunicato il mancato rinnovo del contratto ai primi venti dipendenti a tempo determinato (17 dei quali in forza al laminatoio e non all’area a caldo), mentre i sindacati pensano di indire una giornata di sciopero per il 31 ottobre, quando la Regione convocherà i rappresentanti dei lavoratori per fare il punto su un percorso che al momento cammina stretto fra riconversione e crisi industriale. —
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