TRIESTE Una raccolte firme per chiedere che per l’area giuliano -isontina venga attivata una centrale del 118 dedicata, sfruttando quella già operativa in via Farneto. Il sindacato Fials-Confsal ha iniziato in questi giorni una sottoscrizione per invitare la giunta regionale, a fronte anche delle promesse fatte in campagna elettore, a rivedere il sistema dell’emergenza/urgenza perché «il 40 per cento delle telefonate a Palmanova arrivano da Trieste e questo consentirebbe anche un alleggerimento per il Sores» ha spiegato Dino Roggi, primo coordinatore del 118 Trieste e oggi dirigente del sindacato.
«L’ultima criticità - ha ricordato Fabio Pototschnig, segretario provinciale Fials - è la richiesta di mobilità da parte di 31 infermieri visto che le condizioni di lavoro sono arrivate al limite. Un mese fa avevamo presentato la proposta di riattivazione della centrale operativa del 118 a Trieste, lo abbiamo chiesto perché era un fiore all’occhiello della sanità regionale. Con il modello Sores è stata data alla gente la sensazione di un servizio meno presente e di una qualità inferiore non per colpa degli operatori, che sono sempre gli stessi, ma dell’organizzazione».
La Fials ha raccolto anche il parere favorevole del dirigente della struttura di Trieste. «Ogni provincia - ha ricordato Pototschnig - ha la sua centrale di Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza, l’unica accentrata è quella del 118 che dovrebbe essere invece più vicina possibile al territorio perché è richiesta una conoscenza importante dello stesso».
I banchetti verranno allestiti in città e verranno date indicazioni attraverso la pagine Facebook Fials Trieste, «non ci poniamo un limite - ha aggiunto il segretario - e presenteremo la sottoscrizione al presidente Massimiliano Fedriga e al vice Riccardo Riccardi, lo facciamo senza bandiere politiche e con scopo propositivo». Roggi, che ha lavorato anche per due anni al Sores e prima era stato il coordinatore del 118 ha ripercorso le tappe che hanno portato alla situazione attuale «parlare di una realtà di un milione e 200 mila persone è sbagliato perché non ci si può basare sul numero di abitanti, ma bisogna farlo sulla tipologia di territorio, altrimenti secondo quel criterio possiamo chiudere la Valle d’Aosta e unificarla al Piemonte». Analoga iniziativa è stata annunciata dal sindacato Fai Usae. —