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L’ex capo dei servizi di Milosević a libro paga della Cia

Le rivelazioni su Jovica Stanisić da parte dell’ex ambasciatore britannico a Belgrado

Stefano Giantin
2 minuti di lettura

BELGRADO Ha un passato da spia, figura apicale dei servizi prima jugoslavi e poi serbi. È ancora alla sbarra al Meccanismo Onu per i tribunali internazionali, il successore del Tribunale dell’Aja per l’ex Jugoslavia, per crimini gravissimi, sospettato di essere stato l’eminenza grigia dietro la pulizia etnica in Croazia e in Bosnia, il padre putativo dei peggiori paramilitari. Ma la sua storia potrebbe essere riscritta, inserendovi un capitolo ad hoc: quello del presunto “agente doppio” al soldo di Washington, pedina per raggiungere la pace. La vicenda ha per protagonista Jovica Stanisić, potentissimo ex capo dell’Sdb, i servizi di sicurezza della buia epoca di Slobodan Milosević, al quale fu vicinissimo fino al 1999. Stanisić è stato processato e poi assolto dall’accusa di crimini di guerra nel 2013, per poi essere rimandato a processo nel 2015, in seguito all’accoglimento dell’appello presentato dall’accusa.


Il nuovo processo è iniziato nel 2017. E proprio durante questo procedimento è stata scagliata una “bomba”. La mano è quella di una personalità indubbiamente autorevole e super partes, Ivor Roberts, ex influente ambasciatore britannico a Belgrado a metà degli Anni Novanta. Convocato dal Meccanismo Onu, Roberts ha confermato sotto giuramento precedenti rivelazioni fatte sul passato di Stanisić, contenute nel suo libro “Conversazioni con Milosević”. In quel libro Roberts aveva svelato che Stanisić era in realtà un doppiogiochista, capo dei servizi di Milosević, ma anche a libro paga della Cia. Non erano boutade di una feluca in pensione: «Confermo certamente quanto ho detto nel mio libro», ha detto davanti ai giudici sir Roberts. Alla domanda dell’accusa se potesse fornire maggiori dettagli, l’ex ambasciatore di Sua Maestà è rimasto però in silenzio. «Ho ordini di non discuterne e si tratta di istruzioni molto recenti», ha svelato Roberts, che qualcuno – a Londra – deve aver ammonito che, anche se da pensionato del Foreign Office, rimane «sottoposto alla Legge sugli atti segreti» anche a 13 anni dalla fine della sua carriera.

Di certo, le poche parole pronunciate da Roberts confermano comunque che la biografia di Stanisić andrà molto probabilmente riscritta. Lo avrebbe desiderato lo stesso imputato già nel 2009, quando per la prima volta erano trapelate simili indiscrezioni. A renderle pubbliche era stato il Los Angeles Times, che aveva descritto il primo incontro, nel 1992 al parco belgradese di Topcider, tra Stanisić e l’agente Cia William Lofgren, che cercava un contatto all’interno della leadership serba. L’obiettivo fu raggiunto e «Stanisić divenne l’uomo-chiave della Cia a Belgrado per otto anni», aiutando agenti Usa, fornendo informazioni riservate anche per liberare ostaggi Nato e svelare fosse comuni. Documenti Cia proverebbero che Stanisić, descritto «come una persona abietta, fece invece un sacco di bene, per far cessare le ostilità e arrivare alla pace in Bosnia», ammise Lofgren. A Belgrado, negli Anni Novanta, si mormorava che Milosević non si fidasse fino in fondo di Stanisić. E forse ne aveva ben donde. —

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