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Serracchiani: «Scissione figlia di motivi personali. Ma spero ancora in un dietrofront»

La deputata ed ex governatrice: «Serviva un partito forte e unito. Matteo avrebbe fatto bene a tentare di cambiarlo da dentro se non ne condivideva le scelte»

2 minuti di lettura
(ansa)

TRIESTE. «Sono e resto nel posto giusto: il Pd». Debora Serracchiani scrive su Facebook un lungo post di orgoglio dem, senza nascondere il timore che l’annuncio di Matteo Renzi possa nuocere a un partito ritornato inaspettatamente al governo in tempi brevi: «Fare una casa più piccola non significa aver messo ordine, ma solo esser divenuti più poveri». La deputata Fvg fa pure appello a un ripensamento, se mai ci fosse un varco: «Non possiamo permetterci di rinunciare a nessuna componente di questo partito».

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) L’addio di Renzi al Pd non convince: solo Grim e Telesca via con Rosato]]

Serracchiani, più delusa o sorpresa da quanto accaduto così in fretta?

Prevale la delusione. C’è anzi sofferenza davanti a una scissione che tocca il piano non solo politico, ma anche umano e personale per quanto mi riguarda.

Aveva avvertito che questo passo, se concretizzato, sarebbe stato un errore. Non è bastato. Era una decisione irreversibile?

Temo di sì, ma era doveroso provarci. E insisto anche adesso davanti a colleghi ancora indecisi. Penso sia necessario ragionare lucidamente, fino all’ultimo. Chiedendosi quali sono le ragioni di questa scissione.

Non le ha comprese?

Leggendo l’intervista di Renzi su Repubblica fatico a capire le motivazioni politiche.

Nemmeno le intuisce?

Se questo “nuovo” Pd avesse abolito il Jobs Act o reintrodotto l’articolo 18 vi sarebbero state ragioni per cui una parte del partito si sentisse non più rappresentata dalle linee politiche. Ma non è accaduto nulla di ciò. Temo, ahimè, che prevalgano le questioni personali.

Conseguenza di un fuoco amico che Renzi ha sempre subito da segretario?

Durante la segreteria Renzi l’opposizione interna è stata dura, pesante, in alcune fasi era sicuramente faticoso comprenderne gli obiettivi. Ma questo non giustifica il comportamento di questi giorni. Chi ha vissuto già una scissione, chi ha rappresentato il Pd ai massimi livelli avrebbe dovuto avere oggi un atteggiamento diverso. Se non condivideva alcune scelte politiche, avrebbe dovuto impegnarsi a cambiare il partito dall’interno.

Cos’è successo nel Renzi innovatore capace di portare il Pd al 40%, poi sotto il 20% e ora di abbandonarlo? Il potere lo ha logorato?

Un errore pensare che la forza e la debolezza del Pd siano state legate soltanto a Renzi e al suo carattere. Abbiamo rappresentato per un lungo periodo la forza innovatrice, riformista. Direi rottamatrice, pur se è un concetto che non ho mai amato molto. Quando abbiamo perso però di vista queste istanze, personalizzando i modi di fare politica, è venuta meno una visione di lungo respiro.

Teme che il Pd possa perdere i consensi appena riconquistati?

La scissione non fa bene a nessuno. Dopo la fatica fatta, serviva un Pd unito, forte e coeso. Capace di allargarsi senza amputazioni.

Soddisfatta che nel Pd Fvg ci siano pochi “ribelli”?

Nessuna soddisfazione. Solo il dispiacere per chi se ne va. Democratici con cui ho fatto un bel pezzo di strada assieme. —


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