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La peste suina dilaga a Est, l’Ue estende le aree a rischio

La Bulgaria ipotizza di dover sopprimere tutti i 600 mila capi negli allevamenti. Già segnalati in Romania 300 focolai. Ed è scambio di accuse fra governi

Stefano Giantin
2 minuti di lettura
(ansa)

BUCAREST La piaga che dilaga, in particolare in Bulgaria, con stime di danni miliardari. Paura crescente nei Paesi vicini. E anche proteste e accese polemiche diplomatiche sulle cause dell'epidemia. L’epidemia di peste suina africana (Asf) – malattia contro la quale non esiste vaccino, letale per i maiali ma non pericolosa per l’uomo - continua a tenere banco nell’Est europeo.

Il fronte più caldo rimane la Bulgaria, dove il numero di suini abbattuti dalle autorità, perché localizzati in allevamenti contaminati o in zone a rischio, è passato da alcune decine di migliaia a metà luglio fino a oltre 130mila. Ma il problema non rientra. A suggerirlo sono le dichiarazioni del viceministro dell’Agricoltura, Yanko Ivanov, il quale ha ammesso «che abbiamo fallito nel ridurre la popolazione dei cinghiali che, sfortunatamente, ha forti concentrazioni in aree dove si trovano gli allevamenti industriali». Ivanov ha paventato - come ha segnalato l’agenzia Reuters - la possibilità che la Bulgaria debba sopprimere l’intera popolazione di suini d’allevamento, oltre 600mila esemplari. Se lo scenario si avvererà il danno stimato dal comparto è di circa un miliardo di euro.

Nel frattempo si sono registrate anche proteste in varie parti del Paese, con centinaia di piccoli allevatori che hanno rifiutato l’ordine di eliminare in maniera preventiva i propri maiali, prima dell’intervento delle autorità. E si stimano in 20mila i posti di lavoro già persi nel settore.

Ma da dove arriva la pestilenza? La Bulgaria ha puntato il dito contro la vicina Romania, il Paese più colpito l’anno scorso dalla Asf, segnalando che cinghiali malati nuotando nel Danubio hanno passato il confine e diffuso la malattia. Ma ci sono anche altre teorie, come quella controversa del premier bulgaro, Boyko Borisov, che ha fatto infuriare Bucarest accusando i «turisti romeni di aver portato qui la piaga». «Mangiano per strada, buttano via rifiuti» contenenti carne, forse contaminata, che poi «uccelli e cinghiali mangiano». Sofia pulisce, ha assicurato Borisov, ma i transiti – soprattutto d’estate – sono migliaia e «non c’è niente che possiamo fare». Parole non pesate che hanno provocato la reazione risentita di Bucarest, che attraverso il ministero degli Esteri ha parlato di dichiarazioni «deludenti». E ha ricordato al premier bulgaro che «i turisti romeni contribuiscono in maniera significativa al Pil bulgaro», meglio dunque non irritarli troppo. Anche perché pure la Romania ha le proprie preoccupazioni, con 300 focolai di Asf registrati nel mese di luglio, di cui due «confermati in grandi allevamenti presso Bucarest», ha segnalato la Tv di Sofia parlando di 45mila suini da abbattere.

Ma il problema non è circoscritto ai Balcani sudorientali. Un caso di Asf è stato scoperto anche in Slovacchia, in un villaggio vicino al confine magiaro, spingendo le autorità a “sigillare” la zona per evitare che il contagio si estenda. E anche in Ungheria ci sono timori, nonostante il capo dell’ufficio veterinario nazionale, Lajos Bognar, abbia assicurato che sono stati contagiati solo cinghiali nel Nordest, invitando tuttavia cacciatori e allevatori alla massima attenzione.

Intanto, la Commissione europea ha indicato nei giorni scorsi proprio la Bulgaria – che sarà messa sotto esame da Bruxelles sulle misure anti-Asf - ma anche la Lituania e la Polonia, come nuove aree a rischio nell’Europa orientale. A Ovest invece, per ora, tutto è tranquillo. —


 

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