Monfalcone, il viaggio disperato di due ragazzini afgani aggrappati a un tubo di acciaio sotto al Tir
Sono stati individuati quando il camion ha sostato in un’azienda della zona Schiavetti. Soccorsi e sfamati dalla polizia locale

MONFALCONE In sintesi, la notizia è che due giovani hanno percorso almeno 100 chilometri agganciati sotto a un camion prima di essere intercettati. Poi c’è la storia, dietro a questo viaggio della speranza. Una speranza disperata.
Cosa hanno visto quegli occhi, che lottano per mezzo pane. Cosa hanno vissuto quei cuori, in fuga da un incubo. Cosa ha mosso quelle quattro mani ad abbracciare un tubo di ferro per viaggiare, sotto il ventre di un tir, dalla Croazia fino a Monfalcone, scivolando per chilometri e chilometri sopra a un asfalto liquido, arroventato, forse non si saprà mai. Almeno non qui e non adesso: l’autorità giudiziaria ha appena avviato le indagini. Lo si può immaginare, però. La morte per un sì o per un no di un amico, un fratello, un genitore. L’unico dramma a rendere plausibile, a chi invece vive in case tiepide e confortevoli, il viaggio della disperazione. La traversata abbarbicati a un camion di due afgani poco più che adolescenti, Amar e Nadir, nomi di fantasia, ritrovati venerdì in zona industriale dalla Polizia locale. Stremati i ragazzi sono poi finiti al comando di via Rosselli, dove gli agenti, mossi da pietà, si sono recati ad acquistare dei tranci di pizza in un negozio del centro per sfamarli dopo ore di privazioni sulla strada.
Non è una storia ordinaria quella di Amar e Nadir. Monfalcone, che pure ha nel dna migrazioni e accoglienza, non è Lampedusa. Invece, ad ascoltare chi da tempo gestisce e ospita minori stranieri sul territorio, non si tratta di una narrazione singolare e irripetibile, come a tutti gli altri sembra.
La vicenda viene a galla la scorsa settimana, un venerdì. Sono le 10 quando il dipendente di un’azienda insediata in zona Schiavetti Brancolo alza la cornetta per segnalare un fatto sospetto al comando di via Rosselli. L’uomo non ricorre a giri di parole: «Ci sono persone non autorizzate sul piazzale. Le abbiamo viste scendere da sotto il camion». Nello spiazzo, si scoprirà poi, gli incaricati della società stavano effettuando normali operazioni di scarico e carico merci. Quella mattina era appena arrivato dalla Croazia un autocarro, con un trasporto di legname. Su quello, ma non in un container o su sedile, gli afgani hanno attraversato i confini. Attaccati come koala a un’appendice di acciaio del camion, le sbarre del mezzo: questo il loro racconto. Compatibile, stando ai vigili, con le circostanze verificate allo Schiavetti Brancolo.
Dunque dopo la segnalazione una pattuglia della Municipale si precipita su una delle parallele di via Chico Mendes, dove trova l’azienda e individua i due giovani. Solo uno di questi, a stento, mastica qualche parola di inglese. Agli agenti dice di provenire, assieme al compagno cui non è imparentato, dall’Afghanistan. Non specifica paese o città.
Trattandosi spesso di persone traumatizzate c’è paura, spiegherà in seguito un esperto, a dare informazioni, per il timore che possano ritorcersi contro. I ragazzi dovrebbero comunque avere 17 anni. Sono piccoli, di esile corporatura, stremati. Non sanno di essere arrivati in Italia, ma dicono di essere partiti dalla Croazia. Il trasportatore si dichiara all’oscuro di tutto.
Ci si sposta al comando. Qui Amar e Nadir, presi in custodia dal corpo municipale perché minorenni e dunque trattati come “figli del sindaco”, iniziano ad accusare la stanchezza e i dolori del viaggio, tutt’altro che in prima classe. Così la Polizia locale accompagna i due al Pronto soccorso. Amar e Nadir restano lì per tutti gli accertamenti, usciranno dopo un paio d’ore e verranno accolti alla Comunità Timavo per minori stranieri non accompagnati, che si trova al Lisert.
Il resto è protocollo. Partono le indagini, condotte dalla Municipale, che informa anche la Procura per i minorenni di Trieste. Non si sono molti precedenti, l’ultimo – il ritrovamento di una quindicina di minori – risale al 2015, vicino alla Tavoloni. Il sindaco Anna Cisint plaude al comandante e ai vigili urbani impegnati nell’azione, cui rivolge «apprezzamento per la tempestività e professionalità dimostrata nell’ennesimo episodio di controllo del territorio».
Chissà se Amar e Nadir hanno capito di essere finalmente al sicuro. —
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