TRIESTE. Fece molto scalpore, nel 1994, una sperimentazione clinica su quasi 30 mila fumatori finlandesi condotta con lo scopo di verificare se un trattamento sperimentale diminuisse la probabilità di sviluppare un tumore ai polmoni. Fece scalpore perché il trattamento in questione era col beta-carotene, precursore della vitamina A, una delle principali vitamine con funzione antiossidante, e perché i risultati mostrarono che questo, anziché diminuire, aveva aumentato i casi di tumore.
Fino a quel momento, il concetto che gli antiossidanti facessero bene alla salute era considerato assodato, e aveva fatto la fortuna di un grande numero di aziende che producevano integratori alimentari per virtualmente tutte le indicazioni, dalle malattie cardiovascolari all’invecchiamento. Vitamina A, vitamina E, vitamina C, selenio e flavonoidi continuano ancora oggi a alimentare un mercato che al mondo muove più di 65 miliardi di dollari.
L’idea che gli antiossidanti facessero bene alla salute deriva dagli studi sulla vitamina C di Linus Pauling. Mente eclettica, Pauling vinse prima il premio Nobel per la Chimica nel 1945 per la scoperta della natura quantistica dei legami chimici, e poi quello per la Pace nel 1962, per il suo attivismo contro le guerre. Alla fine della carriera, però, si avventurò nel torbido mondo delle medicine alternative, propugnando, tra l’altro, che la vitamina C agisse come sostanza antiossidante in grado di bloccare l’azione deleteria dei radicali liberi, sostanze che le cellule producono quando consumano l’ossigeno per generare energia.
Due studi clinici controllati, condotti dalla Mayo Clinic tra gli anni ’70 e ’80 dimostrarono che in realtà alte dosi di vitamina C non avevano alcun effetto sui tumori. Altri studi, successivamente, tra cui quello finlandese citato sopra, avevano mostrato come gli antiossidanti avessero addirittura l’effetto opposto. Due ricerche pubblicate questa settimana sulla rivista Cell indicano anche quale sia il meccanismo con cui gli antiossidanti in alte dosi sono deleteri: aumentano i livelli di un fattore che le cellule del tumore del polmone utilizzano per difendersi dai radicali liberi che queste producono quando proliferano.
Somministrando queste molecole, in parole semplici, si aiuta il tumore a crescere e metastatizzare con più facilità. Questo è quello che oggi è conosciuto come il paraddosso degli antiossidanti: piccole quantità naturali, come quelle presenti nei frutti e nelle verdure colorate, fanno senz’altro bene alla salute, ma la somministrazione farmacologica degli stessi sotto forma di integratori alimentari è dannosa, a meno che non siano prescritti dal medico negli individui che ne hanno realmente carenza.