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trieste Summit regionale per la cooperazione

Lo smacco del “no” di Kosovo e Albania Pristina protesta per l’indipendenza non riconosciuta Tirana solidale. Si scatena il fuoco incrociato delle polemiche

Stefano GiantiN
2 minuti di lettura



Convitati di pietra ingombranti, nuove polemiche, scaramucce diplomatiche a tutto tondo. La vittima, ancora una volta, è la cooperazione regionale: quel parlarsi tra “parenti serpenti” che rimane un fattore fondamentale, per il futuro dei Balcani.

I Balcani però rimangono divisi e conflittuali. Lo hanno confermato le scene osservate ieri a Sarajevo, dove è in programma fino a oggi l’importante summit del Processo di cooperazione del sudest europeo (Seecp), una delle più datate iniziative lanciate con l’obiettivo di avvicinare tra loro i Paesi della regione, ma anche Turchia, Grecia, Romania, Bulgaria. Mettendo a confronto soprattutto i leader balcanici extra-Ue, chance per discutere a quattr’occhi tra presidenti, capi di governo, ministri degli Esteri. Tutto questo è stato possibile solo in parte, a Sarajevo, dove il summit è stato offuscato dal boicottaggio del vertice da parte di Kosovo e Albania.

Ad aprire le danze il presidente kosovaro, Hashim Thaci, che era stato personalmente invitato a Sarajevo dal presidente in carica della presidenza tripartita bosniaca, Milorad Dodik, ma senza rivolgersi a lui come presidente del Kosovo, bensì soltanto come «Mr. Thaci», residente a Pristina, era stata l’indicazione testuale, cioè senza riferimenti espliciti al Kosovo indipendente come si fa di solito in vertici regionali del genere. Thaci non ha gradito e a quel punto ha rifiutato sdegnosamente l’invito. «Il minimo che il Kosovo richiede è partecipare a questi forum con un trattamento uguale a quello degli altri Paesi partecipanti», ha affermato il leader kosovaro, sottolineando che Pristina vuole oggi essere trattata da pari.

Ma non è stato il solo Thaci a disertare: tutti i rappresentanti di Pristina hanno dato forfait per condannare il comportamento «intollerabile» di Dodik, ha precisato il ministro degli Esteri Pacolli. E Pristina ha ricevuto man forte dall’Albania: un uno-due che ha di fatto, se non affossato, reso se non altro decisamente meno significativo il vertice. L’Albania «cancella la sua partecipazione al summit Seecp in solidarietà con il Kosovo», ha annunciato così il ministro degli Esteri albanese, Gent Cakaj. Anche il premier croato Andrej Plenković e la presidentessa Kolinda Grabar Kitarović hanno dato forfait, senza però precisarne i motivi, con la Croazia rappresentata a livello minore.

Lo smacco causato dal boicottaggio ha a sua volta provocato le ire dei padroni di casa. Il Seecp è luogo dove «rafforzare la cooperazione regionale, non dove si mettono ostacoli», è sbottato il ministro degli Esteri bosniaco Igor Crnadak, che ha definito quello di Pristina e Tirana un comportamento «non corretto», che infligge un «colpo serio al processo di collaborazione», mentre il suo omologo serbo Dacic ha osservato che il tutto sarebbe solo l’effetto dell’unificazione delle politiche estere di Albania e Kosovo, che vorrebbero creare «la Grande Albania». Ma Dačić, a Sarajevo, si è anche chiesto come reagirebbe la comunità internazionale se Serbia e Republika Srpska facessero lo stesso, con l’effetto di intorbidire ulteriormente le acque. Si vede che «Dačić non sopporta le alte temperature», ha attaccato il membro croato della presidenza bosniaca, Zeljko Komsić, avvertendo che non si gioca con la sovranità della Bosnia, soprattutto se ospiti.

Scaramucce balcaniche - giunte pochi giorni dopo la tensione tra Serbia e Bulgaria, sempre causa Kosovo - che fanno comprendere la portata della parole del presidente turco Erdogan, anch’egli a Sarajevo per il Seecp. La Turchia, ha detto Erdogan prima di partire per i Balcani, «non può concedersi il lusso di stare a guardare gli sviluppi» nella regione, ma deve giocare una parte attiva. Perché «la pace, la stabilità e la tranquillità sono molto importanti per noi». E di tranquillità, a Sarajevo, ce n'è stata ieri assai poca. —



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