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L’analisi dei computer e dei cellulari svela pagamenti di Cernic in bitcoin

I carabinieri stanno vagliando ogni dettaglio per capire se il giovane indagato per detenzione di armamento da guerra ha solo acquistato o ha anche venduto materiale bellico

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GORIZIA. Solo uno spregiudicato collezionista pasticcione o un piccolo mercante d’armi fai da te? O peggio: un intermediario tra i venditori di morte balcanici e la mafia nostrana? Sono le domande a cui devono dare risposta i carabinieri del nucleo investigativo di Gorizia a proposito di Ivan Cernic. L’analisi dei file e dei dati conservati nei personal computer e nei telefoni del ventinovenne goriziano non si ferma. Gli uomini del comando provinciale di Gorizia stanno vagliando ogni dettaglio per capire se il giovane indagato per detenzione di armamento da guerra ha solo acquistato o ha anche venduto materiale bellico. Nulla viene tralasciato.

Da quanto emerso nel corso delle prime indagini, risultano infatti pagamenti effettuati in bitcoin. Non è però ancora chiaro cosa abbia acquistato Cernic con la criptovaluta: se le armi oppure la droga e il denaro falso per cui è finito nei guai lo scorso settembre. Per la “detenzioni di sostanze stupefacenti a fini di spaccio” e la “spendita di monete contraffatte”, il ventinovenne si trova già agli arresti domiciliari. Martedì, però, insieme alla notifica di chiusura delle indagini per quei fatti, gli è stata formalizzata l’apertura del nuovo fascicolo.

Come ricordato dal tenente colonnello Pasquale Starace, il filone legato agli armamenti è partito dopo il ritrovamento di una fotografia che ritraeva il giovane con il lanciarazzi in spalla. Questo è bastato a dare il via a una serie di perquisizioni nelle abitazioni della madre e della nonna in seguito alle quali gli investigatori hanno trovato un lanciarazzi modello M80 calibro 64 mm di fabbricazione jugoslava, quattro casse per M80, una bomba a mano tipo Srcm risalente alla Seconda guerra mondiale, un proiettile di artiglieria calibro 37 mm di fabbricazione italiana, una bomba a mano di fabbricazione tedesca, un altro proiettile di artiglieria non ancora identificato e, infine, un machete da 63 cm.

È proprio la presenza di un solo lanciarazzi, ma di quattro casse a insospettire gli investigatori. Cernic ha comprato solo le casse oppure ha venduto tre lanciarazzi “a nudo”? Un’ipotesi sicuramente inquietante, la seconda.

La provenienza è quasi certamente quella della ex Jugoslavia. Cernic parla sloveno e non gli è quindi difficile tenere contatti con i trafficanti dell’Est Europa. Può essere un intermediario tra i venditori balcanici e la mafia nostrana? Il legame non è campato in aria. Lo scorso settembre, dopo aver trovato nella sua Ford Focus 350 grammi di marijuana, 300 grammi di anfetamine, 40 grammi di cocaina, 88 pasticche di ansiolitici e 17 ovuli da un grammo di cocaina, i carabinieri avevano perquisito la sua abitazione ed era saltato fuori un plico postale arrivato dal Napoletano con all’interno 110 banconote da 50 euro false. Era denaro da “vendere” o era, insieme alla droga, il pagamento per le armi ricevute? Quesiti a cui gli investigatori stanno cercando di dare risposte. Di certo, la figura di Cernic non viene sottovalutata. Gli inquirenti ritengono che si sappia muovere molto bene nella parte oscura della rete. Non è cioé uno sprovveduto: nel deep web sa comprare e vende in modo totalmente anonimo e, come lui ha comprato senza lasciare traccia, anche chi ha acquistato da Cernic è riuscito a non lasciare tracce. Almeno per ora. —

S.B.

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