In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Il tempo si è fermato in viale 20 Settembre. Un doppio checkpoint davanti alle macerie - Video

Emozioni e silenzio nella strada blindata e l’area sotto sequestro. I ricordi delle tre persone morte: lunedì i funerali di Sabina

Marco Bisiach
3 minuti di lettura

Gorizia, viale 20 Settembre una settimana dall'esplosione

GORIZIA A una settimana di distanza da quell’immenso boato che si è portato via le vite di Sabina Trapani, Miha Ursic e Fabrizio Facchettin (lunedì alle 15.30 a Caorle si terranno i funerali di Sabina, quelli di Miha saranno celebrati in forma privata, da definire quelli di Fabrizio), in viale 20 settembre il tempo sembra essersi fermato in un’atmosfera immobile. Come se l’orologio fosse rimasto a quelle tragiche ore dell’alba di giovedì scorso. Certo, non ci sono più il trambusto dei soccorsi, il via vai di mezzi e persone, e il forte impatto emotivo del momento ha lasciato il posto ad una commozione nascosta, privata. Alla riflessione.

Tragedia a Gorizia, crolla una palazzina: tre i morti

Ma viale 20 settembre – abitualmente una strada frequentata e trafficata – è ancora un luogo sospeso, spezzato in due, diviso da un’invalicabile barricata: le macerie della palazzina sventrata dall’esplosione, le transenne e le reti posizionate dalle autorità giudiziarie che hanno posto l’area sotto sequestro. Qui regna soprattutto il silenzio, interrotto dal suono stridulo delle cicale nel caldo asfissiante e dal passaggio di chi arriva dove può. Fino al blocco. Neanche fosse un checkpoint.

Gorizia, crolla palazzina: l'intervento dei vigili del fuoco tra le macerie



Il rumore e il traffico sono altrove, nelle vie circostanti diventate passaggi obbligati per chi vuole aggirare il viale: via Coronini, via Brigata Pavia, via don Bosco, persino la stretta stradina pedonale e ciclabile che raggiunge via Grado e viale Venezia. Per il resto, da queste parti ormai ci passano in pochi. Pare esaurita la (morbosa) curiosità di chi arrivava fino ai piedi delle macerie per capire cosa fosse successo, quanto fosse grande il disastro. Così davanti alle transenne e al triste spettacolo si ferma ormai di tanto in tanto chi vive nelle case vicine o, specie la sera quando il fresco concede un po’ di ristoro, chi arriva a passeggio, magari con il proprio cagnolino. E, osservando quel che resta di ciò che fino a una settimana fa era una casa, resta in silenzio, con nel cuore un pensiero, un ricordo, forse una preghiera.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Palazzina sventrata da un’esplosione a Gorizia: fuga di gas fatale, tre morti sul colpo]]

Chi arriva dal centro città già all’incrocio tra il viale e le vie Coronini e Brigata Pavia trova le prime transenne, a raccontare che, poco più in là, tutto si ferma. Più o meno all’altezza della panetteria Cozzutti, dove, dietro il banco, raccontano che «sembra di essere rimasti a quel momento, di qui ormai non passa quasi più nessuno, ma tra i clienti la tragedia è ancora l’argomento principale», e auspicano che presto il viale possa essere riaperto. Basta fare pochi metri e altri segni di quanto è successo vengono incontro. I nastri segnaletici bianchi e rossi ancora appesi agli alberi, e, a bordo strada, a transenne ormai inutili. Poi, a terra, vetri rotti e i primi detriti, che annunciano il secondo blocco, quello definitivo, davanti all’area sequestrata.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Palazzina sventrata da un’esplosione a Gorizia: fuga di gas fatale, tre morti sul colpo]]

Segni di vita, nel locale Il vostro Eden che ha ripreso a lavorare, dopo aver sistemato la corte squassata dall’esplosione. Segni, purtroppo, di vita che non c’è più appena dietro le transenne, dove un fetore insopportabile arriva dai sacchi della spazzatura rimasti lì da quel giorno maledetto. Ci sono ancora le tre macchine danneggiate dai detriti, c’è, sempre, l’enorme cumulo di macerie dove pietra, legno ed elementi della struttura si fondono ad oggetti quotidiani, vestiti, materassi, cuscini e giornali. Quel che resta di una sedia, proprio in cima alla catasta, una maglietta incredibilmente piegata, in ordine, uno zaino da montagna, libri, un asse da stiro. Su un pezzo di legno, forse di una porta, un biglietto che in questo caos suona straniante: «Chiudere piano il portone».

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Città in silenzio e lutto. Bandiere a mezz’asta]]

Che non c’è più. E poi, alle spalle di tutto, lo scheletro della palazzina, sventrato. Dove alla distruzione hanno resistito, per puro caso, una televisione ancora appesa alla parete, un pensile con le stoviglie in ordine all’interno. Le stesse tristi immagini che, da una prospettiva opposta, può vedere chi arriva dall’altra parte del blocco, imboccando il viale dal ponte di Piuma, da via don Bosco. Dove le prime transenne lasciano passare i residenti, o chi deve raggiungere la trattoria Primozic o il teatro Bratuz. Auto, moto e biciclette che imboccano ancora la strada sicure, poi rallentano e si fermano, a distanza, da quella voragine nel cuore di Gorizia. Che, di certo, presto un po’ alla volta sparirà, ma pare destinata a restare a lungo invece nella mente e nel cuore di tanti goriziani. —


 

I commenti dei lettori