Il mondo dell’appalto diretto non è rimasto impenetrabile alle forze dell’ordine, anzi. Nuovi particolari emergono dall’ultima inchiesta a Panzano, Cash and carry, che ha portato all’arresto nel suo ufficio in cantiere dell’imprenditore di origini venezuelane, ma da anni residente a Fogliano Redipuglia, Victor Julio Araujo Gomez per l’ipotesi di reato di estorsione, minaccia aggravata e sfruttamento del lavoro, oltre che alla denuncia per falso di altre sette persone nel Padovano, cui la Procura di Gorizia contesta la certificazione di corsi per la sicurezza in realtà non svolti regolarmente dai dipendenti dell’uomo, socio e cotitolare de La Montaggi srl, poi radiata dall’albo dei fornitori Fincantieri.
Da indiscrezioni si apprende che, al di là dei metodi investigativi più sofisticati, che si sono avvalsi dell’ausilio di telecamere comandate a distanza e intercettazioni per capire esattamente cosa avvenisse nell’ufficio-container della ditta finita nel mirino degli inquirenti, le indagini “vecchia maniera” con militari sotto copertura che per mesi, al bisogno, sono entrati e usciti dallo stabilimento di Panzano hanno avuto un ruolo comprimario. Sì perché i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale, al fine di acquisire documentazione all’interno del cantiere senza però dare troppo nell’occhio e compromettere un’attività protrattasi per quasi un anno, si sono “mimetizzati” all’interno della grande fabbrica vestendo i panni della security Fincantieri. Letteralmente, nel senso che gli uomini coordinati dal tenente colonnello Pasquale Starace hanno indossato la tuta dei vigilantes e in quel ruolo hanno potuto muoversi con agilità nello stabilimento. L’espediente è stato utile, soprattutto, per acquisire cartellini e timbrature verificando così la veridicità dei racconti che stavano progressivamente emergendo. Ma anche il giorno dell’arresto, per evitare pericoli di fuga, i militari si sono avvicinati all’indagato in quella veste.
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Ilaria Iozzi, secondo quanto reso noto hanno appurato che «l’attività vessatoria del datore di lavoro nei confronti degli operai ha avuto una durata di almeno due anni». Stando ai militari l’indagato Araujo Gomez, dal giorno dell’arresto alla casa circondariale di Gorizia, «in qualità di capo cantiere sottoponeva gli operai, maliani, gambiani e senegalesi, a proibitive condizioni lavorative, con turni superiori alle 10 ore giornaliere, retribuendoli solo parzialmente» e «minacciandoli di allontanarli dal posto di lavoro, al fine di ottenere mensilmente, dagli stessi, la restituzione dallo stipendio testé ricevuto di somme variabili da 200 a 400 euro». Sempre nell’attività i carabinieri hanno pure «accertato che alcuni operai, vittime di un incidente sul posto di lavoro, erano stati obbligati, con la minaccia di licenziamento, a omettere la denuncia di infortunio alle autorità», costretti «a dichiarare che (i traumi, ndr) erano avvenuti al proprio domicilio».
L’avvocato Paolo Bevilacqua, che assiste l’imprenditore ha dato atto della meticolosità delle indagini ma negato le minacce, asserendo che «gli operai godevano di permesso di soggiorno per motivi umanitari», dunque non così facilmente respingibili in caso di perdita del lavoro. La Procura, per le ultime testimonianze acquisite dal 15 maggio in cantiere, ha chiesto l’incidente probatorio. Se il gip autorizzerà si aprirà la possibilità di invocare poi un alleggerimento delle misure cautelari per Araujo Gomez. –