Cargo con armi in porto a Monfalcone. Il prefetto: «Dialogo mancato»
Lavoratori e sindacati, oltre al Comune, all’oscuro dell’attracco della Norderney con 360 bazooka e 415 missili destinati in Arabia Saudita per la guerra in Yemen

TRIESTE Non erano armi qualsiasi quelle imbarcate sulla Norderney che ha attraccato al porto di Monfalcone solamente per scaricare tondini di ferro. Nei container a bordo c’erano 360 bazooka e 415 missili anticarro ucraini per il governo dell’Arabia Saudita e destinati alla guerra in Yemen. Un particolare confermato ieri dal sindacato che martedì scorso aveva denunciato il caso dopo aver scoperto dell’attracco della nave senza aver avuto alcuna informazione. La vicenda è poi esplosa a livello nazionale dopo un servizio pubblicato dal Fatto quotidiano.
Anche perché a curare la spedizione delle armi (la nave battente bandiera di Antigua è di un armatore tedesco la Mlb Shipping) caricate nel porto di Olvia in Ucraina, è stata la Bahri Bollorè Logistics, joint venture fra il gruppo francese Bollorè e la società parastatale araba Bahri. La stessa armatrice della nave cargo Bahri Yanbu, battente bandiera saudita, protagonista della “guerra alla guerra” scatenata dai camalli genovesi pochi giorni fa assieme alle associazioni pacifiste sulla banchina del porto di Genova. Alla nave, già carica di armi, era stato impedito l’attracco a Le Havre dove avrebbe dovuto caricare otto cannoni semoventi Cesar di fabbricazione francese, ordinati dai sauditi e destinati alla guerra in Yemen.
A Genova c’è stato un blocco, non a Monfalcone. Del transito della nave e del contenuto dei container a bordo le autorità erano perfettamente a conoscenza, dalla Prefettura sino alla Guardia costiera e alla polizia che hanno proceduto a controlli e verifiche anche amministrative. Nulla di irregolare, stando alle carte, nemmeno sul fronte della sicurezza, nel transito e nelle operazioni di scarico dei tondini di ferro. A Monfalcone però non solo non sono state avvisate le maestranze che avrebbero dovuto operare in presenza di un carico potenzialmente pericoloso. Della vicenda non è stato messo al corrente il sindacato e ed è stato tenuto all’oscuro il sindaco.
«Eravamo a conoscenza dell’attracco e della natura del carico, tutti gli organi di sicurezza sono stati attivati, il carico non doveva essere sbarcato, era a bordo in appositi container segregati in una zona interdetta – conferma il prefetto di Gorizia, Massimo Marchesiello – e sono state messe in atto tutte le misure di sicurezza, è stato verificato minuziosamente tutto, anche la parte amministrativa e tutto corrispondeva. Del resto era merce internazionale in transito che non era nemmeno passata dalla dogana, non potevamo fare ispezioni. La cosa l’abbiamo subita e fatto sicurezza. Mi rendo conto che chi lavora vuole rassicurazioni e questo dovremmo essere in grado di darle. Tante cose si devono migliorare. Ho già parlato con il sindaco e contatterò i sindacati».
Preoccupata e irritata il sindaco, Anna Cisint. «Non ne sapevo nulla – dice – ho parlato con Capitaneria e Prefetto. E chiaro che loro hanno fatto tutto ciò che la legge prevede, ma il sindaco deve essere informata su quanto accade sul territorio. E ho chiesto che non succeda più. La cosa va gestita meglio anche per il rispetto dei lavoratori in porto».
Durissimo ancora il segretario regoionale della Filt-Chil, Valentino Lorelli: «È molto grave il fatto che né noi né i lavoratori sono stati informati, i portuali hanno lavorato sulla stessa nave, se ci avessero coinvolto e spiegato con trasparenza sarebbe stato meglio. Siamo molto allarmati. Per non parlare della gravità del contenuto destinato a uno scenario di guerra». –
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