Bruxelles promuove Tirana e Skopje: al via i negoziati per l’adesione all'Ue
Hahn: i due Paesi sono pronti. Nuovo stop per la Bosnia Serbia e Montenegro bacchettati sul nodo riforme
Stefano Giantin
BELGRADO Ancora luce verde per Albania e Macedonia del Nord, nuovamente semaforo rosso per la Bosnia-Erzegovina, qualche bacchettata a Serbia e Montenegro e porte ancora serrate per il Kosovo, sempre in coda nel cammino verso l’adesione.
Sono questi gli autorevoli giudizi degli scrutini annuali della Commissione europea sui potenziali nuovi futuri membri della Ue, quelli dei Balcani ancora fuori dal club europeo che conta. I giudizi sono contenuti nel “pacchetto” sull’allargamento adottato ieri dalla Commissione e presentato a Bruxelles dal commissario all’Allargamento Johannes Hahn, affiancato dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini. I più significativi sono quelli relativi ad Albania e Macedonia del nord, paesi che «hanno dimostrato una forte determinazione ad avanzare sulla strada verso la Ue e hanno raggiunto risultati concreti, che devono essere irreversibili», si è pronunciata Mogherini. Si tratta di un riferimento alle «profonde riforme» avviate a Tirana e al coraggioso e «storico» cambio di nome concordato da Skopje, che ha così risolto la decennale disputa con la Grecia, ha ricordato Hahn. Per questo, «raccomandiamo al Consiglio di aprire i negoziati» d’adesione con i due Paesi, ha aggiunto Mogherini.
La raccomandazione non è inedita. Si tratta della seconda di seguito per l’Albania, mentre la Macedonia ricevette il primo via libera già nel 2009, senza però che si arrivasse all’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio. Sia Tirana che Skopje sperano però che questa sia la volta buona. I due paesi «sono pronti», ha assicurato Hahn. Difficile tuttavia sapere se tutti gli Stati membri la pensino come il politico austriaco. Di certo Berlino è ora favorevole all’inizio dei negoziati, mentre alcune capitali Ue – in testa Parigi e Amsterdam – hanno fatto trapelare di non volere considerare aperture ai Balcani, almeno in questo momento. Il verdetto definitivo? Lo emetteranno i leader Ue, a Bruxelles, a metà giugno.
Ben diversa l’atmosfera a Sarajevo, che ieri ha ricevuto l’ennesima doccia fredda, con la Bosnia che rimane «paese potenzialmente candidato», un passo indietro rispetto ad Albania e Macedonia del Nord. Questo perché bisogna impegnarsi molto di più in particolare sul funzionamento delle istituzioni democratiche, «stato di diritto, diritti fondamentali, riforma della pubblica amministrazione», ma anche nella lotta «a corruzione e crimine organizzato», si legge nei rapporti-Paese.
E gli Stati balcanici candidati, che hanno già iniziato i negoziati? Ci sono «progressi», ma non possono sorridere del tutto né Serbia né Montenegro – sempre in pole per capitoli negoziali aperti – che devono «dimostrare più determinazione» nelle riforme. E che sono stati rimproverati per i «limitati progressi» in particolare nel contrasto alla corruzione, ma anche - quanto a Belgrado - per la mancanza di un «dibattito genuino» a livello politico che crei «un consenso pro-europeo». Sempre fanalino di coda il Kosovo, criticato anche per i dazi – da abolire, ha ribadito Mogherini - che hanno allontanato l’ipotesi di accordo, chiave per l’adesione di Serbia e Kosovo. Adesione che è lontana, per Pristina (Stato ancora potenzialmente candidato), come la promessa abolizione dei visti Ue. Ue che, in particolare sulle liberalizzazioni dei permessi di viaggio, «ci ha chiuso le porte», ha sbottato ieri il presidente kosovaro Hashim Thaci, fra i tanti scontenti nei Balcani. —
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