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Dal Pil all’ambiente, così i Paesi dell’Est sono cresciuti con l’aiuto dell’Ue

Fra 2004 e 2020 da Bruxelles 365 miliardi di investimenti su ricerca e infrastrutture. Impennata dei redditi in molti Stati

Stefano Giantin
2 minuti di lettura

BELGRADO Decine di milioni di cittadini Ue, dal Portogallo al Baltico, sono pronti a votare per elezioni europee che, da più parti, sono state definite decisive. Lo saranno perché disegneranno nuove dinamiche politiche a Strasburgo. Ma il voto sarà storico anche perché arriva a quindici anni dal maggiore allargamento della Ue a Est, e a dodici da quello di accoglimento di Romania e Bulgaria. E mentre il consenso a sovranisti e populisti, insieme all’incubo dell’astensionismo, crescono anche nell’Europa centro-orientale, è intanto tempo di bilanci.

È stato un bene allargare l’Unione europea a quello che fu il “cortile di casa” di Mosca durante la Guerra Fredda? Lo è stato, soprattutto in campo economico. A confermarlo è una recente analisi dell’autorevole Vienna Institute for International economic studies (Wiiw), firmata dal suo numero due, Richard Grieveson, che ha voluto fare il punto sullo stato di salute dei Paesi dell’Est che entrarono nell’Ue più di un decennio fa.

Ebbene, quei Paesi stanno sicuramente meglio che nel 2004, ha scritto il Wiiw. È palese che «sono significativamente più ricchi in termini di reddito pro capite» e la maggior parte «ha avviato una convergenza» di successo verso la media Ue, si legge nel rapporto. Ad avvalorarlo sono i dati Eurostat sul Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, praticamente raddoppiato dal 2004 al 2017 in quasi tutti gli Stati in questione. Fatta 100 la media Ue, il Pil pro capite in Cechia è ormai a 89 (qualcosa come 25 mila euro all’anno), in Slovenia a 85, in Lituania ed Estonia intorno a 80, in Slovacchia a 76, in Polonia e Ungheria a 68-70, in Romania a 63, in Croazia a 62, in Bulgaria - ancora fanalino di coda - a 49. Ma gli ultimi tre sono Paesi entrati anni dopo: Sofia e Bucarest nel 2007, Zagabria nel 2013.

E i numeri nascondono altri dettagli positivi. Nella regione, in generale, la «disuguaglianza è abbastanza bassa e i frutti della convergenza sono stati distribuiti in maniera sufficientemente equa» tra la popolazione. Questo grazie a crescita economica e della ricchezza personale impressionanti. Dati della Direzione generale Economia e Affari Finanziari della Ue e dello European Political Strategy Centre, il think tank della Commissione, specificano che «in media il Pil pro capite nei nuovi Stati membri è cresciuto del 250% dal 2000, in confronto al 50% della Ue nel suo insieme»; e dell’84% tra il 2003 e il 2017. E ora le differenze di reddito all’interno dell’Ue sono comparabili a quelle registrate negli Usa, dove il processo di convergenza è «durato 130 anni», ha rivelato uno studio del Centre for European Policy Studies.

Numeri vuoti? Non proprio. Dati redatti dalla Commissione europea in occasione dell’anniversario dell’allargamento del 2004 portano anche cifre ben più tangibili. I contribuenti Ue hanno infatti investito e investiranno nella regione – più a Cipro e Malta – «365,2 miliardi dal 2004 al 2020», che si sommano ad altri 30 “attivati” dal Piano Juncker. I risultati diretti dei fondi Ue? Oltre 24 mila chilometri di nuove strade o di arterie di traffico ricostruite, 3.400 chilometri di ferrovie nuove o modernizzate, 367 mila posti di lavoro creati nella regione, 11,4 milioni di persone con migliore accesso a forniture idriche e fognature, 3.100 MW di capacità di produzione d’energia rinnovabile, 17 mila progetti di ricerca e business finanziati.

E poi ci sono tanti altri fronti che hanno registrato miglioramenti, seppur a macchia di leopardo, con «istituzioni più efficienti, media più liberi, migliori standard nell’istruzione e nella protezione ambientale», ha ricordato il Wiiw.

Era quella la promessa implicita nel 2004: entrerete in Europa, starete meglio. Con qualche ombra, è stato così; e anche gli europei dell’Est ne sono in parte consci. Secondo stime dell’Eurobarometer, solo in Cechia – ma di poco – chi ha una «visione negativa» della Ue è preponderante, mentre nel resto dell’Est prevalgono gli europeisti. Ma non sono quasi mai la maggioranza assoluta. —


 

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