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La Francia scopre i racconti di Anita Pittoni, «l’anima di Trieste»

Esce “Confession téméraire” traduzione di “Passeggiata armata”. L’editor Samuel Brussell: «Una grande donna e scrittrice»

3 minuti di lettura

TRIESTE Anita Pittoni (1901-1982) fa il suo esordio in Francia. Esce in questi giorni per le edizioni La Baconnière, “Confession téméraire” (pagg. 208, euro 20, con una prefazione di Simone Volpato e due disegni di Ugo Pierri) traduzione dall’italiano di Marie Périer e Valérie Barranger dei racconti di “Passeggiata armata”, con in più i due racconti brevi “La città di Bobi” e “Caro Saba”. In più, il prossimo anno uscirà in francese anche il “Diario” della Pittoni, i suoi scritti biografici ritrovati alcuni anni fa da Volpato.

Intanto, con “Confession téméraire” è la prima volta che gli scritti della poliedrica poetessa, scrittrice, editrice, designer e animatrice culturale triestina vengono tradotti all’estero. Dietro l’operazione c’è la figura di Samuel Brussell, scrittore ed editore, uno dei tanti intellettuali d’oltralpe perdutamente innamorati dell’Italia e in particolare di Trieste. Nato ad Haifa, in Israele, 62 anni fa, un’infanzia vagabonda trascorsa nei circhi girando mezzo mondo, Brussell oggi vive a Losanna, in Svizzera. Scoprì l’Italia nel 1971, ad appena quindici anni. Da allora non ha mai smesso di frequentarla, girovagando dalla Ligura a Napoli, dalla Lombardia alla Toscana fino al Friuli Venezia Giulia e all’Istria. Brussel ha imparato la lingua italiana da adolescente, a Genova, «in un caffè - ricorda - frequentato da puttane e gigolò». Dopo aver fondato nel 1992 la casa editrice Anatolia e la rivista “Le Lecteur”, per venticinque anni Brussel ha lavorato come editore, mentre come scrittore ha al suo attivo numerosi libri fra cui, tradotto in italiano, “Continente Italia”, un’autobiografia romanzata dei suoi vagabondaggi per la penisola. E nel 2020 uscirà, in francese, sempre per La Baconnière, “Alphabet triestin”, una sorta di reportage narrativo su Trieste e i sui personaggi, dagli incontri con gli amici Volpato e Pierri a figure storiche di artisti, scrittori, personaggi-chiave come Saba, Piero Kern, Bruno Pincherle, Francesco Burdin e, naturalmente Anita Pittoni.

Per la quale Pittoni lei nutre un amore sconfinato, fino a lavorare come consulente per la pubblicazione in francese dei suoi racconti e del diario.

«Di Anita Pittoni - risponde Brussel - mi parlò per la prima volta anni fa il critico Bruno Maier , che incontrai nella libreria Fenice di Sergio Zorzon. Poi, più di recente, ho letto il carteggio tra Bazlen e la Pittoni, e mi sono detto che questa donna doveva essere assolutamente conosciuta anche in lingua francese».

Quando è stato per la prima volta a Trieste?

«Nel 1982. Allora lavoravo come addetto alle carrozze dei Wagon Lits. Quando entrammo alla stazione di Trieste scesi e andai a fare un breve giro. Fui molto colpito dal fatto che nella stazione, luogo di passaggio, un non-luogo, vi fosse una cappella, un posto di raccolta e di preghiera. Mi piacciono i contrasti e già allora capii subito che Trieste è una irresistibile città di contrasti».

E poi?

«Frequentando le librerie, come faccio sempre in una città che non conosco, ho scoperto i suoi autori. Ci sono tornato spesso, ho conosciuto molti triestini che mi hanno guidato alla scoperta dell’anima di questa città».

E cos’ha trovato?

«È una città dei mille volti e dai mille stati d’animo. C’è sempre qualcosa che ti tocca, Trieste la vedi e percepisci sempre sotto una luce nuova. Mi attira molto la sua atmosfera sospesa. E poi è moderna».

In che senso?

«È una piccola Europa. Se non sei capace di capire la varietà delle identità e delle culture, come a Trieste, non ha senso parlare di Europa».

E la letteratura?

«È una letteratura che tende alla verità. C’è un ansia di conoscere come stanno le cose davvero, oltre ogni apparenza. Stranamente gli autori meno verbosi sono proprio quelli che hanno un forte senso della loro terra e della loro cultura».

Veniamo ad Anita Pittoni. Perché le piace tanto?

«Sono attratto dalle donne dal carattere forte. Ho iniziato l’attività di editore con una biografia di Tina Modotti. Anita Pittoni era come lei, coraggiosa, indipendente. La prova è la grande solitudine in cui è rimasta alla fine della sua vita. Inoltre la sua figura è strettamente legata alla storia e all’anima di Trieste. E poi era una donna che amava la cultura, l’arte».

Quali altri figure di Trieste trova interessanti?

«Per esempio Antonio De Giuliani (1755-1835, ndr). Era un personaggio straordinario, un grande pensatore liberale, modernissimo, forse il primo a contrapporre al mito del progresso l’idea che le risorse sono esauribili. Di lui nel 2020 pubblicheremo in francese “La vertigine attuale dell’Europa”, un libro che risale al 1805, di un’attualità assoluta. Non a caso lo aveva pubblicato anche Anita Pittoni». —

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