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In Serbia monta la protesta sui mutui in franchi svizzeri

Decine di migliaia di persone non riescono più a pagare le rate dei debiti sottoscritti in valuta straniera. L’ipotesi dell’intervento del governo

Stefano Giantin
2 minuti di lettura



Proteste non numericamente sostanziose ma molto accese, assedio che dura da giorni a un tribunale, persone in sciopero della fame, la solidarietà degli “indignados” del movimento anti-Vucic “1 od 5 miliona”. Ma anche azioni di forza, alla fine conclusesi senza successo, per impedire lo sfratto di una famiglia vittima di quella che chiamano «la truffa» dei mutui «in franchi svizzeri». Sono questi i contorni di una rabbia crescente in Serbia, Paese dove – come molti altri nell’Est Europa – sono migliaia le persone che in passato hanno acceso mutui denominati in franchi svizzeri, un’arma a doppio taglio che si è rivelata più che svantaggiosa per i debitori.

Il quadro dettagliato lo ha spiegato sul web “Chf Srbija”, organizzazione in prima linea nelle proteste di questi giorni a Belgrado – ma simili se ne sono registrate dal 2016 - dove decine di persone continuano ad assediare la Suprema Corte di Cassazione, organo che deve deliberare in maniera definitiva sul tema. «Tra il 2005 e il 2008», quando il franco era conveniente, «tutti i media serbi erano strapieni di pubblicità sulla “realizzazione dei vostri sogni”», si legge sul sito dell’associazione. Ma tantissimi, «in particolare giovani e famiglie, che riponevano fiducia nelle banche», sono precipitati in un vero incubo, «una vita di schiavitù».

Tutto questo per colpa dei mutui in franchi svizzeri concessi a persone con salari e stipendi pagati in dinari, in seguito «non in grado di far fronte ai crediti in valuta straniera» soprattutto dopo l’apprezzamento del franco post-2015, che ha avuto l’effetto di raddoppiare in molti casi le rate da pagare. Le banche sarebbero state a conoscenza dei rischi ma non avrebbero avvertito i clienti, ha denunciato Chf Srbija.

Quali sono le proporzioni del problema? Vaste. Sarebbero circa ventimila i serbi che hanno ancora in essere un mutuo in franchi, per un valore complessivo di circa un miliardo di euro, spiega un avvocato che si occupa dei casi e che per questo chiede di rimanere anonimo. Da qui le proteste a Belgrado, partte il 21 marzo scorso e ancora in corso, organizzate davanti alla Suprema Corte di Cassazione, che da mesi ritarda di esprimersi. Corte che «deve risolvere la questione», definendo delle linee-guida che i tribunali inferiori dovranno seguire per dirimere le tante complicate cause che da anni vanno avanti tra debitori e banche, spiega il deputato d’opposizione Srdjan Nogo, che ricorda che «quattordici Paesi europei», in gran parte dell’Est – tra cui Ungheria, Romania, Croazia - «hanno risolto il problema» attraverso atti di governo, sentenze e leggi, dopo tante polemiche e proteste. «Solo la Serbia» manca all’appello, aggiunge.

Le richieste della piazza sono molto precise: i mutui vanno riportati al loro stato iniziale e in dinari, e va vietata la vendita con la forza degli immobili dei debitori. «Abbiamo fiducia che il governo faccia qualcosa per farci uscire da questa schiavitù», ha detto ieri Snezana Pantić Aksentijević, la cui famiglia – malgrado l’intervento di decine di attivisti – è stata sfrattata martedì con l’intervento di polizia ed esattori, dopo che non era stata in grado di pagare le rate del mutuo. Un caso non isolato. Ma qualcosa deve muoversi in fretta, seguendo l’esempio dei Paesi vicini, prima che la rabbia cresca e le proteste si radicalizzino. —



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