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Antonione: da Trieste la rete dell’Ince può avvicinare anche i Paesi del Caucaso

L’ex senatore nominato nuovo segretario dell’Iniziativa centroeuropea: «Balcani, area da stabilizzare»

Mauro Manzin
2 minuti di lettura

TRIESTE. Triestino, 65 anni, ex senatore e sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione sarà dal primo gennaio 2019 il nuovo segretario generale dell’Iniziativa centroeuropea (Ince). La nomina è stata ratificata il 4 dicembre scorso dal summit dei premier dell’Ince a Zagabria.

L’Unione europea lancia una nuova sfida con l’allargamento ai Balcani occidentali. Quali sono invece gli obiettivi dell’Ince?

Prima di guardare al futuro vorrei ricordare che l’Ince è nata 30 anni fa quasi come una quadrangolare tra Italia, Jugoslavia, Ungheria e Austria e che oggi conta 17 Paesi membri e guarda con attenzione anche ad altre sfide, non solo all’allargamento dell’Ue ai Balcani occidentali.

Dunque quali sono le peculiarità dell’Ince che andranno sviluppate?

Nella partnership Ince ci sono Paesi come la Bielorussia, l’Ucraina e la Moldavia che non hanno neanche iniziato un percorso di integrazione con l’Ue né hanno manifestato, penso a Minsk, nessuna intenzione di farlo; né tanto meno Bruxelles si è al momento interessata a un obiettivo di questa portata.

L’Ince però riesce ad aprire porte importanti...

L’Ince ha come obiettivo quello di costruire rapporti di cooperazione internazionale che favoriscano il miglioramento delle relazioni sia fra i Paesi che dialogano con l’Ue, sia con quelli che hanno rapporti con i Balcani occidentali.

Qual è il ruolo dell’Italia in questa cornice politico-diplomatica?

È un ruolo guida, l’Italia è il Paese che da sempre è stato considerato il cardine di questa organizzazione e non per niente il segretariato generale ha sede a Trieste.

Una sfida per l’Ince che prevede quali sforzi futuri?

Parlando a Roma con i responsabili dell’Ufficio dei Balcani si ragionava sulla possibilità di avvicinare all’Ince i Paesi dell’area del Caucaso che stanno rivolgendo una forte attenzione a noi e con i quali abbiamo interesse a rafforzare i rapporti che già esistono.

Si può dire che l’Ince crea quelle “infrastrutture” su cui poi l’Europa costruisce le proprie mura?

È un’iniziativa che dà gambe a tante azioni dell’Unione europea in tanti settori. L’Ince può contare sul Fondo Cei alla Bers di Londra che ha incassato successi rilevanti in questo ambito. In 25 anni di finanziamento di questo fondo, quasi esclusivamente per mano dell’Italia, con risorse pari a 50 milioni di euro in un quarto di secolo, si è prodotto un investimento da parte delle istituzioni finanziarie internazionali di oltre 4 miliardi di euro.

Come valuta l’idea del presidente serbo Alexandar Vučić di creare una sorta di mercato comune all’interno dei Balcani occidentali?

È un’idea che ricordo ancora dai tempi in cui ero sottosegretario ed era molto caldeggiata dall’allora ministro degli Esteri Renato Ruggiero, parlo del 2001. Un’idea di difficile attuazione, ma significativa della volontà di costituire i presupposti per migliorare i rapporti tra quei Paesi e cercare di stabilizzare l’area.

L’Alto commissario Ue per la politica estera Federica Mogherini ha affermato di recente che «non la prescrive il medico» l’adesione all’Ue. Che ne pensa?

Tante questioni andrebbero dibattute nelle sedi competenti e non sui media. Non perché i media siano elemento di criticità, ma perché la riservatezza è l’approccio che consente di evitare di accendere i toni su temi che difficilmente vanno messi in piazza. Chi ha grandi responsabilità dovrebbe essere molto prudente soprattutto nei Balcani.

Da Ince ad Esof 2020 il passo è veramente brevissimo...

È una delle nostre priorità a prescindere da Esof, ma se Esof nel 2020 sarà a Trieste è, in piccola parte, anche merito dell’Ince perché abbiamo spiegato ai nostri Paesi che non si tratta di una candidatura di una città soltanto, ma che dietro questa città c’è la realtà molto più articolata come quella dell’Ince per l’appunto.

Esof e diplomazia della scienza, mito o percorso concreto?

La diplomazia scientifica è uno degli asset su cui bisogna lavorare e Trieste ha delle caratteristiche eccezionali visto l’alto numero di istituti di ricerca internazionali presenti sul territorio.

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