Una rivoluzione sull’Alzheimer: un nuovo studio made in Usa
E se questa malattia avesse origine nel Dna delle cellule del cervello? Uno spiraglio per trovare la cura

TRIESTE E se in tutti questi anni ci fossimo sbagliati sull’Alzheimer e questo fosse una malattia che ha la sua origine nel Dna delle cellule del cervello? E se magari fosse per questo motivo che ancora non abbiamo trovato una cura? È proprio questo ciò che suggerisce uno studio dal sapore rivoluzionario pubblicato la scorsa settimana su Nature a firma di Jerold Chun dell'istituto Sanford Burhnam di La Jolla, vicino a San Diego.
[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Come trattare i deficit cognitivi con farmaci nootropi: la tesi di Francesca discussa alla facoltà di chimica]]
Chun e i suoi collaboratori hanno tratto vantaggio da una delle tecniche più all’avanguardia della ricerca genomica ovvero la possibilità di determinare la sequenza del Dna ottenuto da singole cellule. Isolando i neuroni del cervello di pazienti morti con il morbo di Alzheimer, hanno scoperto che questi contengono ampli rimaneggiamenti nel loro Dna, in particolare a carico di un gene, quello della beta-amiloide, che notoriamente produce una proteina che si accumula nel cervello dei pazienti con la malattia.
[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) C’è anche la pet therapy per battere l’Alzheimer]]
Questa era la traccia di un meccanismo genetico nuovo: il gene della beta-amiloide è espresso sotto forma di Rna, ma questo poi viene di nuovo convertito in Dna, che quindi torna indietro e si re-integra nel genoma. Con il tempo, il Dna dei neuroni accumula così copie su copie di questo gene, ciascuna delle quali produce una proteina leggermente mutata e diversa. Che un Rna sia usato come stampo per sintetizzare un Dna sconfigge il dogma della biologia che abbiamo imparato al liceo. Ma c’è una famiglia di virus che riesce a farlo, quella dei retrovirus, cui appartiene anche Hiv. Questi producono la trascrittasi inversa, un enzima appunto in grado di invertire il flusso normale dell’informazione genetica. Chun e collaboratori hanno trovato tracce proprio di questo enzima nel cervello, probabilmente codificato da uno dei tanti retrovirus endogeni che nell’evoluzione si sono integrati nel nostro Dna umano.
[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Sempre più casi di Alzheimer Il Centro di Romans fa il pieno]]
Le ricadute mediche di questa scoperta richiedono pazienza e prudenza, ma la conseguenze potrebbero essere rivoluzionarie. Primo, i nuovi dati spiegano perché le oltre 400 sperimentazioni che hanno cercato di bloccare l’accumulo della proteina beta-amiloide hanno fallito; il nuovo meccanismo è in grado di produrre migliaia di varianti diverse, in grado di sfuggire dall’azione dei trattamenti finora sviluppati.
Secondo, la ricerca contro Hiv sin dagli anni’90 ci ha fornito dei farmaci contro la trascrittasi inversa; questi potrebbero immediatamente essere provati nei pazienti con Alzheimer per bloccare la malattia. Di fatto, è ben noto, ma è rimasto finora inspiegato, che i pazienti anziani con Hiv in terapia con questi farmaci sorprendentemente non sviluppano l’Alzheimer. –
I commenti dei lettori