Ici non versata su asili, case di cura e negozi: stangata per le Diocesi
In arrivo in Fvg un conto da decine di milioni dopo la sentenza Ue che impone di far pagare i beni religiosi. Le Curie minimizzano: «Abbiamo poco o niente»

TRIESTE Alberghi, case di cura, colonie estive, asili, scuole private, campi sportivi e negozi. Se l’Ici non pagata dalla Chiesa fra 2006 al 2011 sulle attività a scopo di lucro vale quasi un miliardo all’anno di mancati introiti per le casse dello Stato, i Comuni del Friuli Venezia Giulia potrebbero ricevere un’inattesa iniezione di alcune decine di milioni. Effetto della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che invita l’Italia a recuperare i proventi dell’Imposta comunale sugli immobili da tutti gli enti che hanno goduto negli anni del secondo governo Berlusconi di un’esenzione riconosciuta anche nel caso di realtà capaci di produrre reddito.
La decisione assunta a Lussemburgo punta il faro su una lunga serie di attività, che per un quinquennio è stata graziata sul piano tributario. Le diocesi invitano però a guardare da un’altra parte: «Noi abbiamo poco e niente: la sentenza non mi fa né caldo né freddo», assicura l’economo di Udine, mons. Sergio Di Giusto, che spiega come «le proprietà siano per lo più delle singole parrocchie: quando ci sono, perché il 90% di esse non possiede altro che chiesa e canonica, che non fanno lucro».
Ma le diocesi possiedono, eccome. A Trieste la lista comincia dalle case di cura che, a scorrere l’annuario diocesano 2006, sono otto fra Curia ed ente di culto San Giusto: Domus Mariae, Mater Dei, Ieralla, Basiliadis, Sacro cuore, San Domenico e due case delle suore scolastiche. Realtà impegnate nell’assistenza agli anziani, dietro il pagamento di una retta a canone calmierato, ma pur sempre in grado di realizzare ricavi e dunque tenute a pagare quanto esentato in passato. Di proprietà della Curia è inoltre il posteggio multipiano costruito alle spalle del palazzo vescovile, anche se la struttura è entrata in attività solo dopo il periodo considerato dalla sentenza. E ancora le porzioni del Seminario date in affitto al liceo privato Bachelet (oggi liquidato) e all’emittente Telequattro. Che gli investimenti immobiliari non dispiacciano ai religiosi lo dice anche il singolare caso della chiesetta sconsacrata dei SS. Sebastiano e Rocco in Cavana: ai piani superiori una cappella e una foresteria, ma sul fronte strada è attiva oggi una profumeria, che che si è meritata pure la benedizione del vescovo nel giorno dell’inaugurazione.
La questione toccherà anche le molte ramificazioni del mondo ecclesiale. E allora ecco la residenza universitaria Rifugio Cuor di Gesù o il parcheggio posseduto dai gesuiti sotto il campo di Villa Ara o ancora le case vacanza Trieste e San Giusto, che l’Opera figli del popolo deteneva a Sappada. E per crediti esigibili ce ne sono anche di difficilmente recuperabili: chi pagherà l’Ici della tipografia del Villaggio del fanciullo, chiusa da tempo?
Mai esentate sono invece appartamenti e posti auto dati in affitto. È il caso dei 18 stalli locati dalla diocesi di San Giacomo o dei negozi di via Revoltella intestati alla San Vincenzo de’ Paoli, assieme al teatro di via Ananian e ad alcuni appartamenti. Ma tra i parroci c’è anche chi se la passa peggio, come don Andrea Destradi, che a Muggia vecchia possiede «solo la chiesa e l’attiguo parco archeologico, che produce solo spese e nessun ricavo».
La Curia di Gorizia fa a sua volta sapere di non possedere alberghi, case vacanza a carattere commerciale o altre strutture simili di sua proprietà. Tra le scuole private, figurano la materna delle Ancelle di Gesù Bambino e il liceo linguistico Paolino d’Aquileia, emanazione dell’arcidiocesi, oggi gestita dalla cooperativa Scientia et Fides. E poi le case di riposo: Villa San Giusto dell’ordine dei Fatebenefratelli e Villa Verde dell’ordine delle suore della carità di San Vincenzo.
A Monfalcone la diocesi detiene invece un solo immobile di proprietà: si tratta della scuola materna Maria Immacolata. A causa del mancato ricambio generazionale delle suore della Provvidenza che gestivano la struttura, la scuola è tuttavia chiusa da due anni e non produce più alcun reddito, ma nel 2012 ha versato un Imu di 911. Gli accertamenti del Comune di Monfalcone, effettuati nel corso del 2018, hanno stabilito che la parrocchia dovrà versare altri 1.800 euro di integrazione per il 2012.
Chiuso è anche l’albergo annesso al Santuario della Madonna missionaria di Tricesimo a Udine: attività sospesa perché incapace di reggersi in piedi, nonostante gli importanti investimenti della diocesi. A dover sanare il buco dei versamenti saranno anche i musei diocesani di Udine e i complessi Efa di Lignano e Piani di Luzza: ben 3.500 posti letto, in prevalenza dedicati a colonie estive.
ha collaborato Marco Bisiach
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