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Quantità e qualità al top per l’olio triestino 2018: l’extra vergine attira clienti anche dall’Olanda

Olivicoltori soddisfatti dall’annata, a raccolta e molitura non ancora ultimate. «Vendite all’estero ok ma si fatica ancora con i ristoratori locali»

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TRIESTE Per l’olivicoltura triestina l’annata 2018 fa già registrare dei risultati più che lusinghieri, mettendo d’accordo, come raramente accade, quantità raccolte e qualità del prodotto. E questo quando raccolta e molitura devono essere ancora completate in diversi poderi. Il maltempo di questi giorni certo non aiuta gli operatori, tuttavia la soddisfazione degli olivicoltori è pressoché unanime.

«Stiamo andando molto bene – afferma dal Breg sandorlighese Paolo Starec, presidente della “Tergeste” dop e rappresentante di una delle aziende di punta del settore –. Abbiamo iniziato già lo scorso 3 ottobre con alcune varietà la cui maturazione è risultata anticipata. In questo momento la priorità va alla molitura della Bianchera, la varietà autoctona che tipicizza il nostro territorio. Le rese (s’intende litri d’olio per quintale di olive, ndr) risultano di circa un punto e mezzo superiori rispetto l’anno scorso, tra l’11 per cento delle varietà precoci toscane e il 19 per cento della Bianchera. Situazione ottima – continua – anche dal punto di vista fito sanitario: quest’anno mosca olearia e altri parassiti sono stati contenuti senza grossi problemi e con minimi trattamenti. La clientela? Arriva dall’Austria, dalla Germania, dalla Svizzera e, da quest’anno, pure dall’Olanda!».

Ottima annata anche per Gioacchino Fior Rosso, olivicoltore della zona di Montedoro, che sottolinea come gli alberi siano uno spettacolo, carichi come sono di drupe sanissime. «Le quantità raccolte sono decisamente superiori all’anno scorso», informa Rado Kocjancic, i cui oliveti sono dislocati nel Breg e nella zona di Montedoro. Anche per Kocjancic si registrano rese piuttosto alte, dal 14 per cento di due settimane or sono all’attuale 19 per cento. Tutto ok quindi? «Direi di sì – risponde – se non fosse per quel problema che di anno in anno si ripropone. Si vende bene all’estero, ma continuiamo a faticare con la ristorazione locale, che propone piatti della tradizione con olii forestieri non all’altezza».

«La questione sollevata da questo olivicoltore è comune a tutti i produttori triestini e pure per quelli della vicina Istria – sostiene l’agronomo Paolo Parmegiani –. Quest’anno l’extra vergine locale è come sempre di qualità superiore e le quantità prodotte davvero ragguardevoli. Paradossalmente non esiste una rete commerciale che consenta di piazzare tutto il prodotto sul mercato. E dunque se per un olivicoltore la qualità è il pre requisito, per crescere e fare reddito è necessario avere un marchio e la conseguente rete commerciale per le vendite. Altrimenti si rischia, come è capitato per alcuni nostri olivicoltori, di vendere le proprie olive a aziende forestiere che imbottigliano e piazzano con facilità il prodotto».

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