Frodi scientifiche sulle staminali
Un caso in regione conferma come sia necessario tenere alta la guardia

TRIESTE Leggo stupefatto in questi giorni di una coppia in regione che cita la propria azienda sanitaria in giudizio perché questa si rifiuta di rimborsare un trattamento con “cellule staminali” somministrato in Messico al figlio con una grave malattia neurologica. Non so se sono più toccato dall’ingenuità dei poveri genitori o indignato dal fatto che sembra questo trattamento sia stato suggerito da un neuropsichiatra di uno degli ospedali della regione – se questo fosse vero, andrebbe deferito all’Ordine dei Medici. La notizia in ogni caso rinforza la conclusione che bisogna continuare a vigilare perché truffe come quelle di Stamina non si ripetano. E fa il paio con un’altra notizia, anche questa sulle cellule staminali ma stavolta riportata su tutti i giornali internazionali, dal New York Times al Washington Post. La Harvard Medical School ha chiesto la ritrattazione di una trentina di articoli che avevano sostenuto a spada tratta che la rigenerazione cardiaca dopo l’infarto potesse essere ottenuta iniettando presunte cellule staminali recuperate dal cuore stesso. Autore di questi studi era stato un ricercatore di origine italiana, che ora ha lasciato Boston e, dopo un fugace periodo a Lugano, in Svizzera, è uscito di scena.
L’idea che prima il midollo osseo e poi il cuore contengano cellule staminali ha tenuto banco per oltre 15 anni. Centinaia di pazienti sono stati iniettati con queste cellule, senza trarne significativo beneficio. I finanziamenti statunitensi per la ricerca sono stati largamente deviati da questo concetto, sostenuto peraltro dalla posizione conciliante di alcune delle principali riviste scientifiche, da Circulation al New England Journal of Medicine. Dopo un’accurata inchiesta da parte di una commissione istituita dalla Harvard Medical School ecco la scorsa settimana la richiesta di ritrattazione. L’Università aveva già patteggiato con il governo federale il risarcimento di 10 milioni di dollari per chiudere la vertenza sull’uso fraudolento dei fondi governativi utilizzati dal ricercatore in questione.
Guardiamone il lato positivo: è vero che falsità e inganni esistono nella scienza come in tutte le altre discipline umane. Però nella scienza alla fine la verità inevitabilmente trionfa. Proprio questa settimana, per promuovere la trasparenza scientifica, la rivista Science si è alleata con Retraction Watch, un blog basato a New York, per creare un database consultabile di articoli ritrattati. Il numero assoluto di questi sembra grande (più di 18 mila) ma la loro percentuale è modesta (1 su 10 mila del totale degli articoli pubblicati). Segno che la scienza è sana e ha la voglia e gli strumenti per isolare le pecore nere. –
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