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Bini vola, Riccardi arranca, i nuovi rapporti di forza nel centrodestra al potere

Ecco come sono cambiati gli equilibri interni a 150 giorni dalla nascita della giunta. Saro si riprende la scena e ridimensiona i vertici forzisti. Balloch sparito dai radar

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TRIESTE Da Chengdu, Sud Ovest della Cina, dove ha incontrato il vicepremier Luigi Da Maio, alla pista di sci nordico sullo Zoncolan, domenica scorsa. Un mese in cui il nome di Sergio Bini è rimbalzato in 25 comunicati di Palazzo, onnipresenza che fa dell’assessore di Progetto Fvg il più visibile esponente di giunta di inizio legislatura. Probabilmente il più potente, visti i fondi che gestisce alle Attività produttive. I risultati delle urne, del resto, hanno del resto rivoluzionato la mappa del potere.



Leghisti e grillini ne hanno approfittato più di tutti. Vannia Gava, da consigliera di Sacile, è diventata sottosegretario. Mario Pittoni, che pure in Parlamento c’era già stato, fa il presidente di Commissione Istruzione dopo aver puntato al ministero. Tra i pentastellati c’è invece il nome nuovo, Vincenzo Zoccano, sottosegretario, e quello di lungo corso, Stefano Patuanelli, capogruppo da esordiente al Senato, ma un po’ oscurato da vari altri big del movimento.

A qualcuno va bene, a qualcun altro un po’ meno. Bini non è vicepresidente, ma non scambierebbe il ruolo con Riccardo Riccardi, numero due del governo in Regione che avrebbe preferito ritornare a occuparsi di aeroporti, porti e autostrade ed è invece costretto a gestire una “rogna”, la sanità, che in quindici anni ha impallinato Ezio Beltrame, Vladimir Kosic, Renzo Tondo e Maria Sandra Telesca. Il potere di Riccardi è indiscutibile, ma la strada è, pure per lui, piena di insidie e seccature. In primis, nei prossimi mesi, quando il forzista si troverà a spiegare ai territori, che non condivideranno troppo facilmente, com'è stata ridisegnata la geografia del sistema.



Sali e scendi, in politica va così. Con la Lega che vola, Massimiliano Fedriga avrebbe potuto fare il ministro. Ma, necessità contingenti, eccolo governatore. Con una valanga di voti, il sostegno dei cittadini, ma anche, come per Riccardi, con la fatica quotidiana di un lavoro che, a fine luna di miele, potrebbe non essere più così appagante.

Chi invece pare divertirsi è Ferruccio Saro. Sembrava fuori da tutto, l’ex parlamentare del Pdl. Un osservatore, nulla più. Ma il crollo del Pd e l’implosione del renzismo lo hanno convinto a scomporre e ricomporre il quadro, come piace dire a lui. Per Debora Serracchiani, Saro è «il presidente ombra». Fedriga non può condividere, perché sarebbe troppo. Ma al tempo stesso non si tira nemmeno indietro quando ammette che sì, la presenza di un politico di tanta esperienza l’ha aiutato non poco in un mestiere che non era mai stato il suo.



L’obiettivo di Saro è anche di prospettiva: fare di Progetto Fvg il contenitore dei moderati, soprattutto dei delusi di Forza Italia. E non è nemmeno escluso che si voglia puntare molto in alto, alla presidenza della Regione. Quando Bini avrà messo alle spalle altri mesi da protagonista, e Fedriga sarà chiamato davvero a fare il ministro. Al compimento della legislatura o nel caso, sicuramente clamoroso, in cui la convocazione fosse anticipata, magari dopo le europee del prossimo anno.

Fantapolitica, per adesso. La realtà è quella che racconta anche del gran momento dei fratelli Ciriani: Luca, dopo quattro legislature filate in piazza Oberdan, si ritrova capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato; Alessandro è sindaco a Pordenone senza che si prepari alcuna solida alternativa per la tornata del 2021.

A centrodestra chi non gode di buona salute è invece Fi. Ci sono responsabilità locali, ma i numeri nazionali rilanciati dai sondaggi non confortano. Piero Mauro Zanin, da presidente del Consiglio molto più politico di quanto è stato nei cinque anni precedenti Franco Iacop, pare una mosca bianca in un partito i cui vertici sono costantemente messi sotto accusa: l’ultimo attacco alla coordinatrice Sandra Savino è arrivato dal consigliere della Bassa Franco Mattiussi in un recente incontro ad Aquileia.

Nomi in ascesa? Non in casa azzurra, con l’unica eccezione di Rodolfo Ziberna, che ha accettato e vinto la sfida di Gorizia. Dopo la delusione della mancata elezione in Parlamento, pare tramontata anche la stella del sindaco di Cividale Stefano Balloch, mentre a Monfalcone e Udine fanno la voce grossa, con il repertorio consolidato della Lega, Anna Cisint e Pietro Fontanini. E a Trieste, con il suo repertorio, c'è Roberto Dipiazza.

Sull’altro fronte ci si lecca le ferite. Serracchiani, un potere che sembrava illimitato, ha trovato rifugio alla Camera. Non si sta malissimo, ma non è più la stessa cosa di quando l’enfant prodige del Pd inanellava una vittoria dopo l’altra e sembrava non ci fosse fine alla scalata. Non sta malissimo nemmeno Ettore Rosato, vicepresidente della Camera. Eppure, solo un anno fa, il deputato triestino, per anni nel cerchio magico di Renzi, dava il suo nome a una legge elettorale. Un altro mondo.

Nel Pd il patatrac è stato rapidissimo. Prova a salvarsi l’accoppiata Cristiano Shaurli, che sarà il segretario, e Paolo Coppola, che ha preferito dare un sostegno alla candidatura dell’ex assessore all’Agricoltura piuttosto che andare incontro a una sconfitta che lo avrebbe escluso dall’operazione rilancio di un partito che, in Consiglio, vede oggi Francesco Russo ritagliarsi più di uno spazio, visto il numero delle preferenze, con Sergio Bolzonello che lealmente ha accettato di guidare il gruppo ma, per sua ammissione, è destinato a un futuro da commercialista.

Ci sarebbero anche i grillini, la cui presenza in aula è però meno roboante che nei loro primi cinque anni. «Ci esprimiamo sui singoli provvedimenti», spiegano ripetutamente I 5 Stelle, a metà tra la maggioranza e l’opposizione senza essere né l’una né l’altra.

Con la freccia all’ingiù anche Renzo Tondo, tornato a Roma, dove una decina d’anni fa spiegò di non starci troppo volentieri. E presidente di una civica, Autonomia responsabile, senza rappresentanti in Consiglio e tentata da Progetto Fvg, casa in cui si annullerebbe. —
 

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