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Slovenia al voto sinistra disunita contro Janša

Il Partito democratico è dato come favorito nei sondaggi. Segue la new entry Lista Šarec

di Mauro Manzin
2 minuti di lettura

LUBIANA. Tutti contro Janez Janša: così in estrema sintesi si potrebbe riassumere lo spirito elettorale che si respira in Slovenia a 14 giorni dal voto per dare vita al nuovo Parlamento e, di conseguenza, al nuovo governo. Tutti contro Janša, così come già fu nel 2008 e nel 2011, non nel 2014. Tutti contro Janša perché almeno da sei mesi domina nei sondaggi e costringe i suoi avversari politici a faticose quanto estenuanti rincorse. Tutti contro Janša perché è lui il leader incontrastato della destra slovena mentre tutti gli altri partiti, esclusa Nuova Slovenia e qualche altra piccolissima eccezione, navigano nel mare del centrosinistra o della sinistra più “ortodossa”.



E che proprio questo schieramento si senta in difficoltà lo dimostra l’idea lanciata dal ministro degli Esteri e leader del Partito dei pensionati Desus, Karl Erjavec il giorno dell’alleanza elettorale con Slovenia positiva (Ps) del sindaco di Lubiana Zoran Janković: facciamo una coalizione di tutte le forze di centrosinistra. Appello, finora, caduto nel vuoto anche perché i socialdemocratici (Sd), visti anche i tanto amato/odiati sondaggi, spera in una buona performance alle urne e perché la Sinistra, Levica, che saluta col pugno chiuso, guidata dal giovane, intraprendente e volitivo Luka Mesec resta fortemente allineata con un’idea molto sociale dello Stato che si discosta da quella più liberale dei socialdemocratici, partito presente nella coalizione del governo uscente guidato dal premier Miro Cerar. Resta l’incognita della Lista di Marjan Šarec, sindaco di Kamnik, alle porte di Lubiana, che data al secondo posto dopo la Sds dai sondaggi potrebbe diventare la antagonista più scomoda per il partito che da 25 anni ha sempre come leader l’inossidabile Janša. Šarec ha dato battaglia a Borut Pahor alle ultime presidenziali, ora bisognerà vedere se riuscirà a “infastidire” anche il più navigato concorrente con il quale, peraltro, ha già preannunciato che non farà mai una coalizione di governo.



Già, il governo, un rebus che dovrà iniziare a essere dipanato dal capo dello Stato il quale, sentiti i capigruppo delle forze parlamentari dovrà scegliere chi sarà il premier designato. La Costituzione della Slovenia non indica che tale carica debba essere conferita al leader del partito che alle elezioni consegue la maggioranza relativa dei voti, eppure Pahor ha già dichiarato che questa per lui è l’indicazione di metodo più giusta.

Dunque, se i sondaggi avessero ragione, il partito di maggioranza relativa sarebbe proprio la Sds di Janša che otterrebbe almeno 24 sugli 88 seggi disponibili (2 sono destinati alle minoranze) e potrebbe contare solamente, almeno secondo logica e viste le dichiarazioni fin qui fatte dai vari leader dei partiti in lizza, nell’alleanza con i 7-8 deputati che dovrebbe eleggere Nuova Slovenia (Nsi). Sommati siamo a 31-32 seggi, molto lontani dai 46 che costituiscono la maggioranza in Parlamento.

Anche gli analisti politici sostengono che la Sds è in grado di raggiungere i 200 mila consensi, l’unico suo limite è che non può contare su nuovi elettori ma basarsi solamente su quelli tradizionali. Se riuscirà a portarli alle urne sarà vittoria sicura. Eppure non sempre le previsioni hanno poi retto alla sentenza del voto. «Noi nei sondaggi siamo sempre primi - dice un iscritto alla Sds - ma poi alle elezioni siamo sconfitti» e mostra scaramanticamente le corna.
 

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