Le auto a diesel “sporco” in trasloco verso i Balcani
Dall’Albania alla Bulgaria, aumentano le importazioni di veicoli usati non più in linea con gli standard dei Paesi dell’Europa occidentale

BELGRADO Dopo i vari scandali sulle emissioni, stanno diventando i “paria” della mobilità, venduti sempre di meno nelle concessionarie, poco appetiti sul mercato dell’usato nell’Ue, presto esclusi dalle strade di città come Parigi, Oslo, Madrid, Atene, Stoccarda. Ma le auto diesel che ancora circolano sulle strade tedesche, francesi, inglesi, austriache e italiane rimangono molto ambite. Almeno nei Balcani e nell’Est del Vecchio continente, regioni che potrebbero trasformarsi – meglio, lo stanno già facendo – nella “discarica” dei veicoli a gasolio oggi disprezzati nel cuore dell’Ue. Con ricadute ambientali non trascurabili.
Il fenomeno, sempre più evidente, è confermato da dati concreti, come quelli resi pubblici dal think tank Transport&Environment (T&E), che ad aprile ha portato «nuove prove» sul trasloco «del diesel sporco verso Est», un vero e proprio «export dell’inquinamento da Ovest all’Europa orientale», già oggi la parte più inquinata d’Europa. Prove come quelle che riguardano la Bulgaria, secondo T&E uno dei Paesi che meglio descrivono il fenomeno. Nel solo 2017 in Bulgaria sono state infatti importate «oltre 30 mila auto diesel di seconda mano» inquinanti, non più in linea con gli standard dei Paesi più avanzati. Di queste, ben 11 mila avevano tra i 15 e 20 anni di vita, solo 5.571 meno di cinque. Vecchi e sporchi diesel - ma a prezzi convenienti - che solo in Bulgaria, Paese dove ogni anno sono 13 mila le morti premature a causa dello smog, hanno prodotto in media «dodici volte le emissioni» di particolato previste dagli standard Euro 6.
Ma la Bulgaria non è un’eccezione. In Romania, ad esempio, l’importazione di diesel di seconda mano è salita dalle 200mila unità del 2016 a oltre 230mila nel 2017. «Stiamo osservando un aumento del numero di veicoli con alte emissioni, Euro 2 ed Euro 3, che determinerà un ulteriore peggioramento del livello di inquinamento», ha specificato la locale Associazione dei produttori e importatori di automobili, Apia. Stessa situazione nella vicina Serbia, dove l’anno scorso sono arrivate sul mercato tra le 100 mila e le 120 mila auto usate, in gran parte diesel e in maggioranza vecchie tra i 10 e i 20 anni. La Serbia sta diventando «il cimitero europeo delle auto usate», ha lanciato l’allarme già a gennaio Zarko Malinović, della locale Camera di commercio, informando che anche qui il problema maggiore è l’inquinamento prodotto dai vecchi motori.
«I diesel vanno molto e chi compra non sta a guardare se sono inquinanti, ma le cose potrebbero cambiare in futuro», specifica al Piccolo un importatore “in nero”, che preferisce rimanere anonimo. E che spiega come funziona il sistema di importazione, comune in tutto l’Est. «Ho dei concessionari di fiducia in Italia, ma compro anche via siti web» specializzati. Il «guadagno per auto una volta era molto più alto, ora non si arriva a 4-500 euro», aggiunge. Ma intanto i diesel d’antan preoccupano Belgrado, che a fine marzo, per bocca del ministro dell’Ambiente Goran Trivan, ha annunciato che «le auto diesel che in Germania vengono dichiarate un rifiuto non potranno essere commercializzate in Serbia». E ha ricordato che in Serbia – come nel resto dell’Europa orientale e dei Balcani - «il traffico è la seconda più grave causa di inquinamento» nella regione, dopo i fumi prodotti dalle centrali a carbone e dal riscaldamento domestico.
Il discorso è simile anche in Albania – dove si sta prospettando un divieto di importazioni di auto pre-2009 – in Kosovo, in Bosnia. Il filo rosso che unisce queste nazioni: vecchi diesel in arrivo dall’Europa più ricca, a prezzi accettabili per gli standard locali. Mercato sempre più florido: nel 2017, ha calcolato l’autorevole rivista WirtschaftsWoche, solo la Germania – dove il mercato del diesel usato ha visto crollare i valori del 50% - ha esportato 230mila diesel usati, di cui 12 mila finiti in Ungheria, 10mila in Slovacchia e 11mila in Romania. E il resto in un Est sempre sensibile alla sirena del portafoglio, meno ai veleni dei fumi del tubo di scarico.
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