Slovenia al voto il 3 giugno. Nelle urne sarà sfida a tre
Nei sondaggi vola l’esordiente Marjan Šarec con la sua lista, seguito dalla destra di Janez Janša. Solo sette i partiti che superano la soglia di sbarramento del 4%
di Mauro Manzin
LUBIANA. Il presidente della Repubblica Borut Pahor ha sciolto ieri il Parlamento della Slovenia e ha indetto per il prossimo 3 giugno le elezioni politiche anticipate, dopo le dimissioni del premier Miro Cerar. Voto che si terrà una settimana prima rispetto a quella che sarebbe stata la naturale scadenza della legislatura. Pahor ha invitato tutti i cittadini a esercitare il diritto-dovere del voto, ma ha anche precisato che la gente rimarrà a casa se gli argomenti trattati nel corso della campagna elettorale non saranno seri o convincenti, del resto anche «l’astensione è l’espressione di una volontà politica» ha concluso.
Insomma da ieri tutto è in mano ai partiti. Partiti che iniziano la loro campagna elettorale avendo sul tavolo gli esiti dell’ultimo sondaggio effettuato da Ninamedia per i quotidiani Dnevnik e Večer. La situazione che ne emerge è alquanto complessa e dagli esiti tutt’altro che scontati. Guida la Lista di Marjan Šarec (Lmš) con il 18,5% delle preferenze, seguita a un’incollatura dal Partito democratico (Sds) di Janez Janša (destra) al 18,3%. Al terzo posto ci sono i socialdemocratici (Sd) con il 17,6%. Gli altri partiti che supererebbero la soglia di sbarramento del 4% e che entrerebbero in Parlamento sono la Lista Cerar (Smc) con il 12,3%, la Sinistra (Levica) con il 7,7%, il Partito dei pensionati (Desus) del ministro degli Esteri Karl Erjavec con il 7% e Nuova Slovenia (Nsi) formazione di centrodestra che pesca nell’elettorato cattolico con il 7%.
Per la terza volta consecutiva, dunque, dopo i casi di Pozitivna Slovenija (Slovenia positiva) del sindaco di Lubiana Zoran Janković e della Lista per Miro Cerar, alle elezioni politiche si affaccia da protagonista una new entry sul palcoscenico politico nazionale, ovvero la Lista di Marjan Šarec che, in verità, il suo esordio politico lo ha già fatto alle ultime presidenziali quando fu sconfitto dall’attuale capo di Stato Borut Pahor, ma con un successo elettorale assolutamente inatteso e che lo ha spinto a candidarsi anche alle prossime politiche. Lui, sindaco di Kamnik, ex comico-imitatore, ex giornalista di Rtv Slovenija, costituisce qualcosa di veramente unico a livello europeo. Da quando ha fatto capire di volersi presentare con una sua formazione alle parlamentari è sempre stato in testa ai sondaggi pur non avendo mai fatto parola alcuna del suo programma politico.
Un’altra onda populista questa volta in salsa slovena? Assolutamente no. Il populismo la Slovenia ce l’ha in casa - e da molto tempo - sotto la sigla Sds e con il volto di Janez Janša, che vorrebbe diventare una sorta di Viktor Orbán di Lubiana. Šarec non promette rivoluzioni o sogni. «Non prometto un’altra Svizzera, né una nuova Scandinavia, né che le pensioni aumenteranno tutte a mille euro. Sappiamo bene che i risultati arrivano solo con il duro lavoro e non da un giorno all’altro». «Piuttosto riceveremo un voto in meno, ma non diremo bugie alla gente». «È facile affermare che tutto va male», ha sostenuto davanti al nocciolo duro dei suoi sostenitori, «più difficile è mettersi in gioco, metterci la faccia, iniziare a lavorare ed essere pronto a essere bersagliato di critiche». «E non chiedeteci se ci ritroviamo in Kučan (ex comunista e primo presidente della Slovenia indipendente) o in Janša: quello è il passato».
Il futuro di Šarec è tutto nel suo programma, reso pubblico proprio ieri, che prevede la riforma del sistema elettorale con l’abolizione dei collegi e il passaggio a un meccanismo che si basa esclusivamente sulle preferenze, dare al capo dello Stato il diritto di veto sulle leggi emanate dal Parlamento e il potere di scegliere i giudici costituzionali. Grande attenzione all’economia, l’istituzione di una sorta di Guardia di finanza per combattere l’evasione fiscale, la riforma del sistema sanitario e impulso al turismo.
E gli altri partiti? Tutto il resto è noia, verrebbe da dire. Janša sogna, come detto, Orbán e la sua democratura; Cerar, in recupero, vuole il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia; la Sinistra vagheggia vecchi languori comunisti ed Erjavec con i suoi pensionati si affanna con la politica sociale, alquanto zoppicante, del Paese, mentre Nsi passeggia tra l’arcivescovado di Lubiana e piazza della Repubblica. Alla fine sceglieranno gli sloveni. Hanno un mese e mezzo per riflettere.
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