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Ungheria al voto, Orbán verso il terzo mandato

Il partito del premier, Fidesz, vola nei sondaggi e punta ai due terzi dei seggi in Parlamento. Lo segue Jobbik, epurato dagli anti semiti e dagli anti europei

di Mauro Manzin
2 minuti di lettura

BUDAPEST. Re Orbán I è pronto oggi a ricevere dal consenso del popolo quel potere che detiene stretto già da due mandati. Se le elezioni politiche ungheresi non saranno solo una formalità come quelle presidenziali in Russia è praticamente certo che a vincerle sarà sempre lui, Orbán per l’appunto e il suo partito ultranazionalista Fidesz. Del resto come potrebbe essere altrimenti, visto che il premier uscente si è praticamente nel precedente mandato ritagliato la legge elettorale su se stesso, ha emendato la costituzione e ha annichilito il potere giudiziario. Lui controlla tutti i media, le opposizioni devono accontentarsi di alcuni portali web, tira le fila di tutte le principali lobby del Paese.



Arriveranno milioni di migranti musulmani in caso di vittoria degli oppositori, ha sproloquiato nel corso di tutta la campagna elettorale, sostenendo che lui solo sarebbe capace di difendere la nazione contro questo pericolo mortale. I sondaggi danno il suo partito Fidesz largamente in testa (circa il 40% vorrebbe votarlo) e molti credono alla narrativa di Orbán secondo la quale il miliardario filantropo americano-ungherese George Soros, attraverso i suoi «agenti», ovvero le ong che difendono i diritti umani, starebbero preparando un'invasione di migranti, come nel 2015.

Se Fidesz raggiungerà il 50% dei voti avrà, grazie alla legge elettorale vigente, i due terzi dei deputati in Parlamento anche se non ha alcun alleato tra gli altri partiti. Unico distinguo meritano il Partito cristiano-democratico popolare (Kdnp), che altro non è se non la costola più moderata di Fidesz. In lizza ci sono però una quarantina di partiti, alcuni con nomi assolutamente esotici come il Partito del cane a due code o il Partito per un’Ungheria sportiva e sana, senza dimenticare il Partito per i poveri e il Partito per tutti i poveri. Una pletora di formazioni che, si dice, si presentano solamente per ottenere i previsti contributi statali oppure costruiti apposta per fare in modo che i voti di opposizione a Fidesz si disperdano in mille inutili rivoli.

Oltre a Fidesz riusciranno sicuramente a superare la soglia di sbarramento del 5% (che sale al 10% nel caso di una coalizione di due partiti e al 15% se l’alleanza è a tre) i Jobbik, l’Alleanza dei socialisti ungheresi (Mszp), Dialogo (Pm), Coalizione democratica (Dk) e il Partito dei verdi (Lmp). L’opposizione qualche mese fa era molto ottimista circa la possibilità di sconfiggere la corazzata Fidesz dopo i successi riportati in alcune elezioni municipali. Si era capito però che per battere Orbán bisognava coalizzarsi, ma la missione è miseramente fallita. E senza esito sono rimasti anche i contatti intensamente intercorsi addirittura tra Jobbik (ultra destra) e i socialisti. A onor del vero Jobbik era più propenso a un accordo con il neo costituito movimento Mementum oppure con i Verdi ma non se ne è fatto nulla nonostante che l’ultra destra magiara che qualche anno fa bruciava in piazza le bandiere dell’Unione europea e gridava i suoi slogan contro i rom e contro gli ebrei adesso, dopo un’epurazione interna delle teste calde e le pubbliche scuse del suo leader Gabor Vona, si presenti come una forza di destra cercando di cancellare il preambolo “ultra”.

In vista del voto l’unica novità di Orbán è stata la forte attenzione rivolta alla Chiesa. Il padre padrone dell’Ungheria odierna si è posto come garante della tutela della fede cristiana, ovviamente a fronte dell’orda musulmana pronta a invadere l’Europa e a cingere nuovamente d’assedio Vienna. Orbán è protestante. Protestanti che in Ungheria son un terzo dei cattolici. Ma la Chiesa non è caduta nel trabocchetto. A fare sentire la sua voce è stato il vescovo della Chiesa evangelica magiara Tamas Fabiny il quale ha affermato che «è bello sapere che dopo quarant’anni di silenzio sotto il comunismo la voce dei cristiani si può nuovamente udire, purtroppo però ciò avviene per bocca di Fidesz nella profanazione della fede per scopi politici e nell’abuso degli insegnamenti della fede stessa». Fabiny ha poi concluso di non essere per nulla grato a Orbán per il suo interessamento alla tutela della fede cristiana visto che tale compito spetta alla Chiesa e non a un partito politico.

Tuttavia non sarà certo lo schiaffo della Chiesa a scalfire la odierna vittoria annunciata di Fidesz e di Orbán.

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