La festa nazionale un bagno di folla per Orban
La testa del corteo della cosiddetta «Marcia della pace» a Pest. E la coda ancora ferma a Buda, dall’altra parte del Danubio. Se i numeri della piazza sono credibili, il trionfo alle trionfo alle prossime elezioni di aprile è assicurato
di Stefano Giantin
BELGRADO. La testa del corteo della cosiddetta «Marcia della pace» a Pest. E la coda ancora ferma a Buda, dall’altra parte del Danubio. Se i numeri della piazza sono credibili, il trionfo alle prossime elezioni di aprile è assicurato. Numeri che sono quelli registrati ieri nelle strade di Budapest, dove decine di migliaia di persone, forse centomila, si sono mobilitate in occasione dell’anniversario della rivoluzione del 1848, festa nazionale da anni utilizzata dal premier Orban per contare i suoi fedelissimi.
E per rafforzare il consenso. Anche questa volta è andata così, con Orban protagonista della giornata. Alle due del pomeriggio, in Kossuth tér, il premier che mira al terzo mandato consecutivo non si è risparmiato davanti alla folla, che sventolava il tricolore magiaro, inframmezzato da qualche bandiera di Varsavia, portata in Ungheria dai “fan” polacchi di Orban e da sostenitori del partito Diritto e Giustizia. Da striscioni con su scritto «l’Ungheria protegge l’Europa», sottinteso dalla minaccia immigrazioni e dal presunto pericolo Soros. E poi ancora «siamo con te, Viktor» e «la patria prima di tutto».
Orban che, citato su Twitter dal portavoce del governo, Zoltan Kovacs, ha focalizzato il suo discorso sul concetto che i nemici di Budapest «vogliono prendersi il Paese, alzate le bandiere, ungheresi, è tempo di combattere», ha detto il leader magiaro, toccando durante il suo discorso i leitmotiv della sua linea politica anti-immigrazione, anti-Soros, critica verso l’Ue.
Ed evocando l’immagine apocalittica di un’Europa «che ha alzato le mani» e di una Ungheria in pericolo, sotto assedio dei migranti. Orban che ha lanciato anche un allarmante messaggio «alla gioventù dell’Europa occidentale, che vivrà per vedere quando diventeranno una minoranza nel loro Paese e perderanno l’unico posto nel mondo che chiamano casa».
Parole che ricordano quelle del Forum civico, affine al Fidesz di Orban, che ha organizzato la Marcia della pace e avvertito che «dobbiamo combattere per la nostra indipendenza, così che l’Ungheria rimanga ungherese e non sia trasformata in un Paese multiculturale». Molto meno affollate – circa 15mila persone secondo la France Press - sono state invece le manifestazioni organizzate nella capitale da diversi gruppi e partiti d’opposizione. Nessuna sorpresa. Malgrado una recente dura sconfitta alle elezioni locali a Hodmezovasarhely, una cittadina nel sud del Paese da sempre bastione del Fidesz, il partito di Orban mantiene infatti salda la presa sul Paese. Ed è accreditato da tutti i sondaggi a conquistare almeno la metà dei consensi alle urne, il prossimo 8 aprile. L’opposizione magiara – che non farà come a Hodmezovasarhely ma correrà disunita – ha praticamente zero chance di ribaltare i pronostici. Gli ex estremisti di Jobbik – oggi riciclatisi in partito sulla carta moderato – sono quotati al 16%. Ancora più distanziati i socialisti, al 12%, i liberali all’8% e la Coalizione democratica, ferma al sette.
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