Offensiva giudiziaria della Cisl sul Tfr
Il segretario della Fp Bevilacqua: «Contestati i tempi di erogazione del Trattamento di fine rapporto»

La Cisl-Fp apre una battaglia legale sul trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici che potrebbe interessare, nei prossimi 4 anni, una platea di mezzo milione di persone. In particolare, la sigla sindacale si appresta ad avviare un contenzioso giudiziario per contestare i tempi di erogazione del Tfr, giudicati penalizzanti per i lavoratori della pubblica amministrazione.
Lo farà - fa sapere il segretario generale Cisl-Fp Fvg Massimo Bevilacqua - con una serie di cause pilota tramite le quali si punta ad ottenere l’equiparazione dei tempi di pagamento del Tfr tra pubblico e privato. In più è anche aperta una raccolta firme sul sito del sodalizio. Dal punto di vista normativo, l’obiettivo della federazione dei lavoratori pubblici cislina è quello di sollevare il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi vigenti. In base alle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro, sono previsti diversi tempi di attesa per l’erogazione del trattamento: si va da un minimo di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità del lavoratore, ad un massimo di oltre 2 anni per casi come la pensione anticipata. Mediamente più rapido, invece, il pagamento del Tfr nel privato: nel Terziario deve essere erogato entro 30 giorni, nel commercio i tempi si allungano di 15, portando il pagamento entro 45 giorni, solo per citare due esempi. A differenza del settore privato che ha il solo Tfr, i dipendenti del pubblico impiego assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 accedono al Trattamento di fine servizio (Tfs), mentre il personale assunto a tempo indeterminato o determinato successivamente a tale data ha il Tfr. «Le disparità nascono a seguito del decreto Salva Italia – spiega in una nota il leader della Cisl Fp, Maurizio Petriccioli –. Abbiamo subìto misure che avrebbero dovuto essere solo temporanee, e più volte abbiamo portato all’attenzione dei decisori pubblici, la necessità di rimettere mano ad una normativa che crea una disparità ingiustificata». Nel dettaglio, secondo i calcoli della sigla sindacale, «su una platea di 3,2 milioni di lavoratori pubblici – tenuto conto dell’aumento dell’età media (in alcuni enti ha superato i 57 anni), con oltre il 50% del totale degli operatori che ha più di 50 anni, si stima che nei prossimi 4 anni ne andranno in pensione circa mezzo milione. La cifra è pari ad un milione di lavoratori, considerando l’arco temporale di un decennio».
La Cisl-Fp intende, dunque, sollevare davanti la Consulta, la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che «violano apertamente il principio di eguaglianza dell’art. 2 e l’art. 36 della Costituzione in forza del quale, allontanando nel tempo la liquidazione della somma, la stessa perde progressivamente la proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato», in «ragione diretta del tempo trascorso e della conseguente erosione del potere di acquisto della moneta». La raccolta firme è già online sul sito fp.cisl.it.
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